Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Nascere in una famiglia di panificatori mi ha consentito, fin dalla tenerissima età,  la visione di grandi quantità di pane, ma esclusivamente di due tipi, quello  fatto di farina doppio zero, la famosa palatella da un quarto ed il classico palatone da mezzo chilo. Altri tempi , quando non si andava tanto per il sottile e i bisogni da soddisfare erano sicuramente diversi. Certo, rimanevo affascinato nell’assistere ai processi della sua trasformazione, dall’inizio alla fine, dalla preparazione del lievito madre all’atto finale, la visione del pane appena sfornato ed il suo inconfondibile e piacevole profumo. Con il tempo ho imparato a conoscere altri tipi di pane, a seconda dei luoghi di provenienza o produzione, fino al famoso pane toscano, quello senza l’aggiunta di sale. Ma anche se il pane di casa propria conserva intatto sempre un altro sapore, mi accorsi che in realtà sempre di pane si trattava.



Riflessioni queste che mi riportano con la mente indietro nel tempo, oggi però, causa gli impegni quotidiani di un modo di vivere sicuramente più accelerato, mi accorgo che è sempre più difficile fare spazio a questi pensieri e soprattutto trovare persone che abbiano la voglia di ascoltarli, visto ormai il modo in cui siamo fagocitati dall’utilizzo a volte esagerato delle moderne tecnologie. Sembra che si sia sempre alla ricerca di qualcosa attraverso il contatto non contatto che i social ci mettono  a disposizione.  Ciò ha cambiato drasticamente il nostro modo di comunicare e paradossalmente si registra sempre una maggiore attenzione  per le persone che sono fisicamente assenti e che probabilmente non riusciremo mai ad incontrare o solo sporadicamente, a discapito di quelle che in carne ed ossa ci troviamo di fronte.

Insomma il dio – iphone è ormai stabilmente al primo posto della nostra quotidianità , dal mattino alla sera, siamo stati catapultati, a nostra insaputa, in una sorta di “grande fratello”.

Ma se riflettessimo per un istante e facessimo un attento utilizzo di quanto le più moderne tecnologie ci mettono a dispopsizione, forse potremmo trovare quel qualcosa che nonostante tutto ci manca e a cui siamo sempre segretamente protesi.

Il nostro fedele compagno o “fratello i-phone” come direbbe san Francesco, ci segue ormai ovunque e delle volte ci imbarazza non poco, soprattutto  quando squilla in circostanze sfavorevoli, come non di rado siamo costretti ad assistere in chiesa e a volte addirittura durante la consacrazione.

E per l’appunto in questo luogo, in chiesa, il nostro fedele ed irrequieto compagno  potrebbe esserci di grande ausilio, purchè  adeguatamente utilizzato,  soprattutto nella comprensione della parola. Spesso per i motivi anzidetti, ci si presenta in chiesa senza la minima preparazione e conoscenza dell’argomento di cui il celebrante si accinge a parlare.  Essendo  per natura  facilmente soggetti alle distrazioni, spesso rischiamo di vanificare gli sforzi di chi in quel momento cerca di inviarci un messaggio.

Una breve lettura propedeutica della parola ci consentirebbe invece di conoscere con largo anticipo il tema dell’omelia e se nel contempo qualcos’altro riuscisse a catturare la nostra attenzione, riusciremmo quantomeno a non smarrire il filo del discorso.

Aiutarci a raggiungere un buon livello di ascolto attivo è il miglior servizio che il nostro fedele compagno ci possa fare. Quindi non ci resta che sperimentare al più presto questa pratica, con il tempo ci accorgeremo  di non poterne  più fare a meno e di volerla ripetere sistematicamente.

La pratica dell’ascolto attivo renderebbe più facilmente comprensibile il messaggio evangelico e ci consentirebbe di trattenerlo saldamente nella nostra memoria affinchè , quando giunge il momento di metterlo in pratica, nulla o quasi niente ci sfugga.

“Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto” . Questa è la frase che si udì dal cielo al momento del battesimo di Gesù. Il figlio che accetta la condizione umana,  umilmente si mette in fila insieme agli altri uomini per farsi battezzare da Giovanni, immergendosi nelle acque del Giordano. Allo stesso modo il Signore pronuncia la frase : ecco mio figlio, all’atto del nostro battesimo, dichiarando il più grande atto d’amore per il genere umano, così grande da non risparmiare quanto di più caro e prezioso possiede per la nostra salvezza.

Il Signore si priva della sua più grande ricchezza per amore e segue passo dopo passo il proprio figlio e l’umanità intera nelle difficoltà della vita. A guisa di  una madre che incitando il proprio bambino ad intraprendere i primi passi, avverte un tonfo al cuore alle sue prime inevitabili cadute, così è il cuore del Signore nel momento delle molteplici e rovinose cadute che spesso ci procuriamo anche da soli.

Ma di fronte a tanta ed incommensurabile dimostrazione di affetto, che cosa facciamo noi, figli suoi ?

Qualcosa dovremo pur fare e quindi cari fratelli l’ascolto della parola è quanto di più profondamente importante e necessario , perchè alla domanda : chi è mia madre ? E chi sono i miei fratelli ? Egli stesso risponde : Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica.

Ecco il vero pane, ciò che sazia la nostra fame e ci rende fratelli, sorelle e madre del Signore.

Cordiali saluti, Alfonso



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