zaccheoRiflessioni di un credente, pubblico dipendente, alla luce della parola evangelica.

L’altro giorno ascoltando il vangelo, riflettevo sull’episodio di Zaccheo, quest’uomo di piccola statura, che, pur di assistere al passaggio di Gesù , sale sull’ albero. L’uomo pensa di vedere e non essere visto, ma il Signore lo nota e gli dice : scendi subito che oggi devo fermarmi a casa tua ! Il seguito lo conosciamo, io vorrei invece soffermarmi su questo particolare, il posto di Zaccheo. Oggi molti di noi assumono la posizione di Zaccheo, spettatori confusi tra la folla, come se l’avvenimento in se ci interessa ma non ci tocca da vicino. E proprio quando pensiamo che nessuno ci possa vedere, c’è qualcuno che ci ha già assegnato un posto e forse anche un compito. Chi sia questo qualcuno è facile intuirlo. Ma perché vivere in questa condizione ? A che cosa seve ? Se un posto per noi è stato preparato, perché spesso lo lasciamo vuoto ? Essere cristiani è comunione. Cominciamo a frequentare possibilmente sempre la stessa parrocchia e scegliamo il nostro posto. Col tempo ci accorgeremo che gli altri hanno fatto la stessa cosa.

Frequentare è basilare, non serve sapere e poi non avere mai il tempo di parlarne o mettere in pratica quello che abbiamo imparato. E’ proprio vero non si finisce mai di imparare, a me queste frequentazioni hanno insegnato che la parola del Signore è sempre attualissima e applicabile nel quotidiano come nel proprio ambiente di lavoro. Essere gentili e disponibili è la prima qualità che ci viene riconosciuta, è bello essere ricordati per la gentilezza e la disponibilità e solo in ultimo per la professionalità. Da anni ho voluto una sedia davanti alla mia scrivania, perché una persona possa sentirsi cristianamente accolta, messa a proprio agio e poi in condizione di chiedere. Quel che semini alla fine raccogli. Io incontro tanta gente ogni

giorno e non mi posso ricordare di tutti, ma è bello vedere persone che si fermano anche solo per un saluto o ti ringraziano per la bella accoglienza ricevuta anni addietro. Un giorno un signore disabile mi dedicò una poesia i n c u i descriveva tutte le sofferenze patite. Sofferenze che avevano martoriato il suo corpo e che avevano cambiato la s u a vita, ma nonostante tutto e g l i continuava a ringraziare il Signore. Tutto ciò da dove pensate che venga ? Per questo cari amici, la Domenica o qualsiasi altro giorno festivo corro ad occupare il mio posto che è quello nei banchi che si trovano davanti all’ingresso della cappella di Sant’Alfonso, sotto lo sguardo della Madonna del Perpetuo Soccorso. A volte ascoltiamo discorsi che non lasciano in noi alcuna traccia, io invece spero di non aver nascosto nulla e di aver lasciato un messaggio positivo nel vostro cuore.

Cari saluti                                                                                      Alfonso

 

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