(di Red) – Una mozione, firmata da ben nove consiglieri comunali di opposizione, che nella parte finale propone di impegnare: “il Sindaco e la Giunta a predisporre in tempi rapidissimi, a tutela dell’Ente e ai fini di eventuali revoche in autotutela di atti adottati in contrasto con la normativa vigente, l’assunzione di un atto ricognitivo esplicativo, che faccia chiarezza sugli aspetti in precedenza evidenziati e sull’insieme delle procedure attivate per effetto dell’applicazione del Piano Casa sul territorio comunale”, è arrivata sul tavolo della Presidenza del Consiglio già protocollata in data 14 marzo 2019. Una mozione che, nella sua parte introduttiva, dà l’impressione di voler entrare nello specifico merito di una vicenda che nulla sembra aver a che fare con il ruolo, che un organismo politico-amministrativo, deve svolgere e si articola nella semplice valutazione di una scelta che, essendo atti trattati e disposti da un organo sovraordinato, non può andare oltre che alla naturale presa d’atto del provvedimento stesso. In altre parole, non può un consiglio comunale revocare un atto tecnico disposto da un “Commissario ad acta” nominato, all’epoca, dalla Provincia di Napoli. Questa mozione, e lo scriviamo proprio noi che nel 2012 quel provvedimento lo avversammo, appare strumentale ed artificiosa, una premessa che sa di uso politico strumentale di indagini che attengono, solo ed esclusivamente, la competenza della Magistratura e delle Forze dell’ordine, a cui va tutta la nostra stima e fiducia per l’operato, ma forse i nostri “ispiratori” (o cospiratori?) politici, estensori della mozione, amano giocare ad interpretare il ruolo del “Commissario Zenigata” pensando bene di imitarlo nella sua migliore delle perfomance consistente nell’ammanettare, i presunti colpevoli, riuscendo ad ammanettarli a distanza con il lancio delle manette. Forse la memoria è corta, in questi ultimi tempi, considerato che se è vero che per l’inchiesta in corso risultano indagati gli ex presidenti della provincia di Napoli( atto dovuto a seguito dell’incarico istituzionale ricoperto all’epoca dei fatti), questi kompagni Piddini, oggi, dimenticano che in quell’elenco compaiono anche due esponenti di rilievo del P.D. del comprensorio stabiese che, nel periodo afferente i fatti, non ricoprivano alcun incarico istituzionale concernente la vicenda. Molto bizzarra la proposta contenuta nella mozione, eppure alcuni firmatari, che hanno ricoperto incarichi di alto profilo politico ed amministrativo, sanno bene che non si può, in nessun modo revocare, nemmeno in autotutela, provvedimenti emanati da un organismo sovraordinato. Basta con il tentativo di agitare strumentalmente questi argomenti, sarebbe ora che si attivassero per svolgere il loro ruolo in maniera seria, costruttiva e nell’interesse dei cittadini e della città che, attraverso la loro trentennale ed indiscriminata gestione ha toccato veramente il fondo. O no?   

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