(di Red) – Proliferano, nella ex città delle acque e nel comprensorio torrese, le scuole calcio ed un numero impressionante di piccoli calciatori in erba i clienti più assidui ed esigenti di quello che, a sentire i prezzi che vengono praticati, sembra essere diventato il business per eccellenza a Castellammare e dintorni. Avere la disponibilità di un piccolo campetto di calcio, di quelli omologati per il calcio a 7, di 65mt per 25mt e il gioco è fatto, circa 5.000 bambini tra 7 e 15 anni i frequentatori di queste strutture con una retta mensile che si aggira intorno ai 50,00 euro pro-capite. Un introito che assomma a circa 250.000,00 euro al mese, con piccoli rimborsi spese agli istruttori e fitti di campetti che oscillano sui 1.000,00 euro mensili, per chi non possiede la struttura di proprietà, e tutto un giro che investe i trasporti, kit di divise, scarpe, varie ed eventuali comprese. E’ chiaro che tra questa miriade di scuole calcio esiste una differenza notevole che va dalla diversa classificazione in cui risultano collocate dalla stessa federazione di affiliazione. Altrettanto chiaro è che, così come nella società dove viviamo, esistono persone di ogni genere, tante persone perbene ed oneste e un consistente numero di addetti ai lavori che, usando tattiche ormai note ma trite, riescono ad illudere e circuire genitori assillanti, riuscendo finanche a spillar loro denaro prospettandogli un impossibile futuro da campione per i loro figli. Chi sono questi personaggi? Facile la risposta per chi ha studiato il fenomeno, si tratta di personaggi che si sono inventati il ruolo di preparatori tecnici e che impartiscono lezioni di tecnica individuale a 30 euro l’ora. Un paradosso quanto meno ridicolo ci sembra questo ruolo, per cui nasce spontanea la domanda: ma la tecnica individuale, fondamentale per un giovanissimo allievo, non dovrebbe essere uno degli elementi basilari che gli istruttori dovrebbero insegnare ai propri allievi e seguirli in questo percorso sin dai primi giorni? E considerato che queste scelte passano attraverso la valutazione dei genitori, che in fondo sono quelli che mettono mano al portafoglio, ne consegue che gli stessi bambini non affrontano più questo sport con lo spirito di chi deve divertirsi sul campo di calcio partecipando ad un gioco di squadra che, secondo gli insegnamenti che abbiamo ricevuto ai tempi nostri, significa familiarizzare, socializzare, condividere nella complicità di un gruppo l’amicizia e la compattezza di chi gioca per determinare il successo dei colori della divisa che indossa. Oggi questi bambini sembrano tutti tristi, si isolano e guardano al compagno di squadra come ad un nemico che, in quel contesto, gli sta scippando la maglia, il posto in squadra, quasi a rendere van i sacrifici economici dei genitori, ah si, quei genitori che quando tornano a casa parlano male dell’istruttore che, a loro avviso, non capisce niente di calcio e che quel loro figlio, già campione, dovrebbe giocare sulla fascia anziché in mezzo al campo. Ordinarie storie che, maturate in famiglia, stressano i giovanissimi ragazzi che, nella convinzione di fare carriera, sprecano i migliori anni della loro vita alla continua ricerca dell’Araba Fenice.
Fine prima parte-Continua

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