(Red) – In data 17 marzo 2020, a seguito di una sintomatologia molto marcata, un operatore del settore sanitario si rivolge al proprio medico di base che, dopo aver ascoltato con attenzione il racconto degli episodi sintomatici, provvede ad inoltrare al Dipartimento di Prevenzione una richiesta avente oggetto l’emergenza epidemiologica SARS-COV-2 –Tampone orofaringeo per il test diagnostico COVID-19, specificando che trattasi di paziente sintomatico con diagnosi di “Caso sospetto COVID”. La richiesta fu inoltrata intorno alle ore 17.00 circa, di quel giorno stesso, all’attenzione del dott. Salvatore CRISCUOLO, responsabile del servizio 118. In data 24 marzo, alle ore 18.00 circa, fu praticato il prescritto tampone al “sospetto” contagiato ed anche a sua moglie. Nel frattempo, con tutto il proprio nucleo familiare, l’interessato ha osservato pedissequamente tutte le indicazioni terapeutiche, compreso l’isolamento in quarantena preventiva, ricevute dal proprio medico curante che al fine di controllare l’evoluzione della situazione non ha mai smesso di sentirlo, telefonicamente, finanche 5 volte al giorno. In disparte l’interessamento di un medico di base molto coscienzioso, pregno di umanità senza confini, questo cittadino stabiese ha sofferto le pene dell’inferno, proprio per la pericolosità di questa malattia, e sperimentato l’assoluta solitudine, nella sofferenza, insieme a tutto il suo nucleo familiare che risulta composto da 5 persone, con due figli ed il suocero ultranovantenne. In pratica ha sperimentato il “deserto” sanitario ed umano nel corso di una quaresima durissima oltre che pericolosa sotto l’aspetto della stessa sopravvivenza fisica. Eppure, le istituzioni sanitarie, dopo aver provveduto a praticare il tampone in data 17 marzo, così come in epigrafe, a tutt’oggi ancora non hanno reso noto l’esito di un risultato che, tra l’altro, è atteso con molta preoccupazione e paura proprio in considerazione della situazione relativa all’intero nucleo familiare. Nel frattempo, appena qualche giorno fa, è stato reso noto l’esito per la propria moglie, positiva al Covid, per quanto risulta impensabile attendere ben sette giorni per praticare il test, mentre è addirittura paradossale attenderne dodici per conoscerne l’esito. Ed è stato a questo punto, che lo stesso medico di famiglia si è ritrovato costretto, dal biblico ritardo,
di rappresentare attraverso una mail inviata al Direttore del Dipartimento di Prevenzione di AslNa3Sud, dott.ssa Carotenuto, il proprio disagio per l’assenza di comunicazioni al riguardo della mancata notifica dell’esito del test, oltre che per dar contezza di tanto a chi Competente, e Responsabile, ad appurare l’esito del test-Covid al quale è stato sottoposto paziente. Ricapitolando; il 17 marzo è stato richiesto il tampone, il 24 marzo il tampone è stato praticato da due squadre diverse del 118 che, in orari diversi, hanno provveduto a praticare il prelievo prima alla moglie e qualche ora più tardi al marito. Pertanto, 7 giorni per evadere la richiesta, poi la frenetica attesa del risultato contando i giorni, e dal 24 marzo altri 12 giorni di tormentata e disattesa aspettativa, in realtà 20 giorni e più a combattere in solitudine contro un virus sconosciuto oltre che inatteso. Un percorso inverosimile, attraverso gli ingarbugliati meandri di una burocrazia impermeabile anche di fronte agli inimmaginabili effetti di una pandemia subdola che, nel migliore dei casi, mette a serio rischio non solo la salute dei cittadini ma anche, e principalmente, l’equilibrio psicologico di famiglie che, piuttosto che essere preservate dai pericoli, vengono lasciate sole ed ammalate a combattere contro un nemico sconosciuto, subdolo e tanto pericoloso per la stessa vita. Adesso basta, non si può continuare a giocare con la vita dei cittadini e nemmeno con quella degli Operatori Sanitari, la vita è un bene troppo prezioso e non può essere affidata nelle mani di incompetenti ed inetti.      

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