Lettera di un lavoratore in prossimità del pensionamento – Caro direttore, questa mattina ho scoperto, con la gioia nel cuore, che non andrò più in pensione a 66anni e 7 mesi ma bensì a 67 anni. A far straripare di gioia il mio cuore è arrivata anche la conferma che, molto verosimilmente, il corrispettivo economico che mi sarà riconosciuto ed erogato mensilmente, dopo 43 anni di servizio, sarà quasi pari agli emolumenti che oggi percepisce un qualsiasi migrante che arriva, anche in questi giorni, in quel di Lampedusa, sia esso profugo di guerra che profugo per caso. Le uniche differenze saranno registrate dalla mancata fornitura di smartphone con relativo wi fi e dal vitto con alloggio, con relativi balzelli e tasse, che ricadranno interamente a mio esclusivo carico. Che felicità sentirsi uguali e condividere la propria miseria con chi ne ha sicuramente bisogno, ma ancora più bella è la sensibilità dei nostri governanti che hanno, in tal maniera, organizzato e pianificato la nostra “vecchiaia” facendo in modo che ci si possa convertire all’amore verso il prossimo senza alcuna garanzia e sicurezza personale, a partire dalla certezza di poter percepire l’assegno pensionistico(non solo diretto) per arrivare poi alla erogazione di un assistenza sanitaria appena “accennata” a discapito della qualità e della efficienza. Con queste mie poche righe voglio ringraziare nello specifico i nostri governanti, ed in particolare quelli del P.D., che ci hanno regalato un “futuro” di preoccupazione e di precarietà che servirà sicuramente ad ognuno di noi per poter accedere alle porte della “vita eterna”. Questo sicuramente per chi è credente, e per chi non crede? Ai posteri l’ardua sentenza!

Castellammare di Stabia lì 09 agosto 2017                          Un aspirante pensionato

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