(Aldin) – Il cinque maggio 1821 è la data storica per eccellenza, a chi non riporta alla mente la celeberrima ode di Alessandro Manzoni, dedicata  al grande condottiero còrso?  Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore. E’ il cinque maggio del 1821, a Sant’Elena,  un’isola sperduta dell’oceano Atlantico, muore l’uomo fatale, Napoleone Bonaparte, colui che ha fatto tremare il mondo. Le  notizie a quell’epoca  non viaggiavano con la rapidità dei nostri tempi e così il  Manzoni lo apprende solo il diciotto  luglio. Il poeta è subito colto da un ardore irrefrenabile,  scosso, comincia a scrivere d’impeto l’ode eterna che  lui stesso definisce un cantico che forse non morrà. Infatti, a duecento anni dall’evento, siamo ancora qui a parlare di questo  capolavoro effettivamente immortale. Bisogna premettere che il  Manzoni  non ha mai voluto celebrare le sue incredibili e prodigiose gesta,  come invece avevano fatto altri suoi illustri  colleghi ( lui folgorante in solio, vide il mio genio e tacque) ora invece è diverso, l’uomo che di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno, giace inerme sul letto di morte, delle sue gesta rimanda ai posteri l’ardua sentenza, quel che importa adesso è chinare la testa a Dio (il Massimo Fattor) che in lui ha voluto stampare la più vasta orma del suo spirito, su colui che doveva compiere un grande disegno divino.

Tutto ei provò : la gloria, la fuga e la vittoria fino al triste esilio. Ei si nomò imperatore, celebre l’episodio dell’auto incoronazione, avvenuta nella  cattedrale di Notre Dame a simboleggiare la volontà popolare di assegnargli la corona.  Fu arbitro tra due epoche (due secoli l’un contro l’altro armato) prima di scomparire, esiliato, dopo la definitiva sconfitta di Waterloo. 

Quante volte nei giorni dell’esilio avrà pensato alle gloriose gesta, agli accampamenti, al luccichio delle sciabole ed agli assalti della cavalleria, ora invece,  tutto ciò non è che un vano ricordo che ferisce il suo spirito ma nello stesso tempo, pronta a sollevarlo giunge la beatitudine eterna, nessun uomo più grande di Napoleone si è mai chinato al disonor del Golgota (davanti alla croce del Salvatore) e proprio  quel  Dio a cui prima di morire si era rivolto ora è lì  a tendergli la mano, a consolarlo nell’attimo estremo della morte e a condurlo dove non contano le glorie terrene.

A questo punto, una riflessione si rende necessaria. Dio non ha creato solo Napoleone a sua immagine ma tutti gli uomini e per ognuno di essi ha un disegno, un progetto. Ricordo il testo di religione delle scuole elementari : “Progetto uomo”, eh, si, il creatore ha un progetto per ognuno di noi, ma sta a noi scegliere di seguirlo (è il libero arbitrio) Lui è alla finestra, accetta qualsiasi nostra decisione ed è pronto ad indicarci la strada salvifica, ma la decisione è totalmente nostra, nessuno ci costringe. Del resto, anche la  vita di un grande condottiero è comunque  fatta  di gioie e di dolori, perché egli è pur sempre un essere umano, a volte forte a volte fragile, non disegna  altro che la stessa parabola della vita di ogni uomo che nel momento di maggiore successo è circondato dagli affetti e dalle amicizie e dimentico della propria condizione  si auto incorona imperatore della sua esistenza,  salvo poi  ritrovarsi  il più delle volte solo, abbandonato e senza amici  non appena incontra le prime difficoltà o peggio ancora cade  in rovina. L’ode del Manzoni è immortale proprio perché è adatta a tutti i tempi, in special modo a quelli che stiamo vivendo a causa di questa pandemia che ha provocato tantissimi morti sul campo e come in una battaglia tante sono, purtroppo, le  persone che se prima potevano contare su un lavoro e una sicurezza economica, frutto di una vita di sacrifici, ora  si ritrovano a lottare per i più elementari bisogni. Quante volte nel segreto del nostro animo ci siamo rivolti al Massimo Fattor, implorandolo di intervenire a nostro favore, come imperatori sconfitti che hanno perso tutto? Siamo anche noi chinati davanti alla croce del Golgota a chiedere la sua Divina intercessione come ultima speranza.

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