(Red) – Il 26 maggio del 2021 è arrivata in città una commissione di indagine, nominata dal Prefetto di Napoli, a seguito di una lontana richiesta, già partita dalla stagione autunnale del 2017, e reiterata a più riprese dalla componente delle opposizioni stabiesi, in maniera quasi maniacale, sin dal giorno del primo consiglio comunale convocato nella sala Falcone&Borsellino il 03 agosto del 2018. In una città governata del Csx per circa 20 anni, a seguito di una consistente componente operaia nel tessuto sociale cittadino, accadde che alle consultazioni elettorali del 2010 il Cdx, guidato dal magistrato Luigi Bobbio, arrivò ad espugnare Palazzo Farnese a seguito dell’indignazione suscitata da un gravissimo fatto di sangue, avvenuto alle ore 15 del 03 febbraio 2009, con l’omicidio del consigliere comunale Luigi Tommasino. La reazione popolare, a seguito di questo efferato assassinio, fu tale che nacque spontanea tra i cittadini l’esigenza di dover voltare pagina votando per una necessaria “discontinuità”, divenuta ormai indifferibile, a seguito di quel “disarmonico” ventennio amministrativo. Infatti, le indagini sull’episodio criminoso confermarono una evidente commistione fra la classe politico-amministrativa ed il clan egemone D’Alessandro. Invero, si accertò che Catello Romano, uno dei killer del consigliere comunale trucidato, era un tesserato del PD stabiese così come la moglie di Pasquale D’Alessandro, Carolina Mosca, figlia del boss Sergio Mosca. Tale situazione richiamò una forte attenzione politica da parte delle direzioni nazionali dei partiti di riferimento e degli organi di informazione sulla “sinistra” stabiese; attenzione che ovviamente nuoceva agli interessi del clan che avrebbe invece preferito proseguire nell’ombra la lucrosa gestione delle attività illecite. Proprio a seguito di questo omicidio eccellente, compiuto da affiliati al clan D’Alessandro, fu nominata ben nove mesi dopo, con decreto prefettizio N° 113/09/Area EE.LL. del 03/11/2009, una commissione di indagine incaricata di verificare la sussistenza di tentativi di infiltrazioni e/o condizionamenti della criminalità organizzata nella gestione politica-amministrativa del comune. Nella relazione finale, redatta nel febbraio del 2010, pur rilevandosi diffuse irregolarità e gravi violazioni di legge che avevano compromesso l’imparzialità dell’amministrazione e il regolare dei servizi con riferimento a specifiche vicende gestionali, non si riscontrarono, comunque, i presupposti per l’adozione del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale. L’ente fu, tuttavia, diffidato dal Prefetto pro-tempore di Napoli ad adottare adeguate misure per assicurare il ripristino della legalità ed il regolare funzionamento della macchina amministrativo-burocratica. Negli anni a seguire, avendo la magistratura mantenuta aperta l’inchiesta per fare chiarezza sulla precisa dinamica, e per comprendere le reali ragioni di quell’efferato omicidio di Tommasino, ebbe modo di appurare attraverso una dichiarazione a verbale del collaboratore di giustizia, Salvatore Belviso, che lo stesso avrebbe ricevuto, nel corso della campagna elettorale del 2005, precise disposizioni dai vertici del clan al fine di catalizzare i voti di amici, conoscenti ed affiliati, sul candidato sindaco del centrosinistra in quella tornata elettorale. Per completezza di informazione, bisogna sottolineare che questo collaboratore di giustizia è stato ritenuto, sin dal giorno in cui ha iniziato a collaborare, credibile, attendibile ed affidabile al punto che, sulla scorta delle sue dichiarazioni, sono state irrogate pesantissime condanne riguardo alle attività illecite praticate dagli uomini appartenenti al suo ex sodalizio criminale.
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