(Red) – Su proposta del Prefetto Palomba, in data 24 febbraio 2022 il Consiglio dei Ministri ha sciolto il Consiglio comunale stabiese non tanto sul presupposto di una colpevolezza “smascherata”, ossia quella di aver adottato atti miranti a favorire le locali consorterie malavitose, ma solo sulla fertile e fantasiosa convinzione, sottoscritta nella relazione, della presunzione di eventuali infiltrazioni camorristiche. Un ragionamento sviluppato secondo un semplice e convenzionale assioma; e giacché a Castellammare esiste la camorra diventa un dato inconfutabile la tesi che tutti gli amministratori siano corrotti e camorristi, considerato anche che molti di loro risultano imparentati e/o affini alle numerose “famiglie” malavitose stabiesi. Ma la dedotta conseguenza di questo “sperticato” ragionamento ci dimostra, secondo la machiavellica verità effettuale, che un assioma non può esistere in linea verosimilmente astratta in quanto, dato per scontato questo assioma, dovrebbero paradossalmente sciogliere il 90% dei comuni del sud Italia e circa il 60% di quelli del centro e nord Italia. Tanto per non parlare dei comuni ad altissima densità mafiosa esistenti nel nostro variegato Paese. Operando questa scelta, ragionando quindi per assioma e solo attraverso pochissimi semplici ed intuitivi concetti, ha significato mandare a casa la “democrazia compiuta”,  ossia decidendo di delegittimare gli amministratori scelti dagli elettori, e quindi liberamente votati dal popolo, istituendo una dittatura “controllata da organismi dello stato” afflitti da indecorose simpatie croniche per la sinistra. A tal proposito, un nostro carissimo lettore, ci ha scritto ricordandoci l’esempio di quel famoso prefetto di ferro, tale Cesare Mori, che fu inviato da Mussolini in Sicilia per sconfiggere ed estirpare il fenomeno mafioso da quel territorio. Purtroppo, l’azione e l’operato di quell’uomo, nonostante la sua ferma determinazione e le mani libere da qualsivoglia condizionamento, non riuscì mai a convincere completamente le coscienze dei siciliani proprio perché la mafia, in quei territori, regnava grazie alla sua fitta rete di rapporti di “alto profilo” ed alla debolezza o alla negligenza di chi lo aveva preceduto nelle istituzioni. La storia ci racconta che il Duce, prima che Mori potesse completare il suo prezioso lavoro, lo nominò Senatore e, con una repentinità sconosciuta a quei tempi, l’ex Prefetto di ferro fu costretto a lasciare senza indugio Palermo per svolgere il suo nuovo ruolo di parlamentare tra gli scranni del Senato in quel di Roma. Intanto, nell’attesa che si “concretizzi” l’operato prefettizio nella città di Castellammare, secondo le disposizioni ministeriali impartite, pare che in questa città, oltre che risultare azzerata la “democrazia partecipativa”, non esista più un serio ed articolato dibattito politico, al netto di qualche pavida e spesso inadeguata uscita fuori luogo di qualche “politico per caso”. Ma è possibile che, invece di discutere dei grandi temi che andrebbero snocciolati e discussi tra le parti politiche in campo, anche sull’operato talvolta discutibile di questa Commissione, le attività si riducano ad una serie di incontri organizzati da una ben individuata parte del centrosinistra per trovare l’accordo sulla coalizione, oltre che sulla scelta del candidato sindaco, che dovrebbe sostenere la battaglia elettorale per le amministrative del 2024? Forse dovranno essere delegati gli altri, ossia coloro che sono nati altrove e di conseguenza cittadini forestieri non stabiesi, a decidere del destino di Castellammare? E la classe politica locale che fine ha fatto? San Catello docet. Ah, saperlo!     

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Il Riformista del 15 luglio 2022

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