(Carlo Carrillo) – Il San Leonardo, quello stabiese, non tanto tempo fa era una struttura molto rinomata , nonché qualificata a sud di Napoli, in un bacino di utenza di circa seicentomila anime a partire da Torre del Greco alla penisola sorrentina, lattari inclusi. Nella passata organizzazione sanitaria, quella della Usl 35, tutte le eccellenze dei servizi, cardiologia compresa, erano ricomprese nella competenza del nosocomio stabiese e delle sue strutture ubicate sul territorio. Finanche il pronto soccorso, benchè privo dell’organizzazione ottimale e del Triage, riusciva a far fronte alle esigenze dei pazienti che, loro malgrado, si ritrovavano nella necessità di dovervi accedere. Oggi invece, al contrario, ci si ritrova con un presidio ospedaliero svuotato quasi completamente di professionalità e servizi, trasferiti altrove per esigenze geopolitiche, e con un pronto soccorso la cui organizzazione è strutturata al pari di quelli esistenti nei paesi del terzo mondo. Questa valutazione esclude, chiaramente le responsabilità personali e professionali dei medici, infermieri ed operatori sociosanitari, ma attiene esclusivamente la responsabilità politica ed organizzativa della struttura che, con questo tipo di pianificazione, espone il personale tutto ad offese, improperi e mortificazioni quotidiane sfociate, molto spesso in questi ultimi tempi, in aggressioni fisiche con conseguenze talvolta devastanti. Per il flusso annuo di utenza che registra annualmente il pronto soccorso, del nosocomio stabiese, avrebbe bisogno di organizzare il lavoro con almeno il doppio del personale oggi impiegato. Per dirla in breve, con circa 73.000 visite all’anno, il personale impiegato, due medici, di cui uno internista e l’altro chirurgo, cinque infermieri professionali, di cui uno impegnato al triage, e due operatori sociosanitari, è impossibile riuscire a gestire circa settanta pazienti per turno, considerato anche il tipo di assistenza che, in questa particolare zona, bisogna prestare. Sarebbe opportuno ricordare, dando una veloce scorsa alle statistiche, che una percentuale altissima di richiesta cure, pari a 80%, è conseguenza diretta(o indiretta) di sinistri stradali, non omettendo di rammentare che la nostra città è una città ad alto rischio “incidenti”, tra le prime in regione, preso atto che i proventi di questa “lucrosa attività” producono cifre elevatissime nel computo del limitato Pil cittadino. Per combattere questo fenomeno, o per tentare almeno di riportarlo in una fisiologica percentuale, basterebbe ritornare all’antico, istituendo sui tre turni la presenza di un poliziotto(o carabiniere) nella cabina riservata al triage, non sottovalutando che questa visibile presenza dello stato potrebbe agire da ottimo deterrente per eventuali farabutti intenzionati ad insultare il personale piuttosto che ad aggredirlo fisicamente. Ma quello che sconvolge di più, in questa prorompente disorganizzazione, è il fatto che alcuni compiti, autenticamente amministrativi, ricadano in capo alla responsabilità dei medici in servizio, determinando in tal modo eccessive perdite di tempo nella stesura di atti che potrebbero essere redatti da personale amministrativo, restituendo, in tal modo, al medico il suo naturale ruolo di prestare le cure ad ammalati e pazienti. Queste lunghissime file, attese snervanti e tempo perso, non certo per colpa del personale, a scribacchiare, alimentano la tensione e rallentano pesantemente le prestazioni a fronte di una richiesta sempre più esigente e, spesso, solo finalizzata ad uscire con una prognosi di comodo finalizzata a concludere false pratiche di incidenti stradali. Bisogna cambiare passo, il San Leonardo stabiese può e deve cambiare, ma il compito di dare l’input decisivo, per questo auspicato salto di qualità, è della Direzione Sanitaria del nosocomio che, dovrebbe considerare, la civiltà di un paese si misura sulla scorta dei servizi sanitari offerti ai propri cittadini e non dall’esecuzione delle disposizioni del proprio referente politico. In alternativa una sola soluzione: Ricoveriamo la sanità stabiese, solo per curarla, e così possiamo portarla al San Leonardo, quello di Salerno, che almeno si potrà sostenere: Cambiamo la città ma il Santo, almeno, resta sempre quello. Basta poco, che nce vò!
Castellammare lì 16 novembre 2017
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