Sant_EdmondoNome: Sant’ Edmondo

Titolo: Re degli Angli Orientali, martire

Ricorrenza: 20 novembre

Simbolo della resistenza anglosassone agli invasori danesi, E. trovò una morte atroce sotto le loro torture. Venne immediatamente venerato come santo. Curiosamente, si conoscono bene solo poche cose sul suo conto, ma una rilettura delle sue biografie permette di chiarirne, se non la personalità, almeno le circostanze del martirio che egli soffrì. Le origini, in particolare, restano leggendarie. Sarebbe disceso da una famiglia di Sassoni continentali, presso cui il re Offa di Mcrcia si sarebbe fermato recandosi in pellegrinaggio in Terra Santa; colpito dalle qualità del giovane E., lo avrebbe adottato come successore. Offa morì nel corso del viaggio; E. avrebbe ricevuto allora il suo anello e sarebbe ritornato in Inghilterra per prendere possesso del regno. Sarebbe stato incoronato re il 25 dicembre 855.

Discostandosi dalla leggenda alcuni storici individuano nel duca (eaìdorman) Ealhere, viceré dell’est del Kent, suo padre; sua madre sarebbe allora Eadgyth, figlia di re Egberto del Wcssex e sorella di Ethelstan, viceré dell’EstAnglia. E. sarebbe nato a Norbury, vicino a Croydon (Surrey).

La Cronaca anglosassone riferisce che nell’851 Ethelstan ed Ealhere inflissero ai Danesi una dura sconfitta a Sandwich (Kent), e in seguito il primo sarebbe partito in pellegrinaggio e avrebbe scelto il nipote come erede. Nell’853 Ealhere fu ucciso mentre lottava contro i Danesi ed Ethelstan, poiché E. non faceva ritorno, sarebbe stato consacrato re dal vescovo Umberto d’Elmham. 1.e origini di E. restano infatti oscure, la sua attività come rc un mistero, e niente di più si conosce sul suo Conto eccetto ciò che ne dicono le Cronache anglosassoni e Asser nella sua Vita Affirdi regis. Occorre anche precisare che quest’ultimo, autore dell’opera intorno all’893, fece molto uso della cronaca detta “di Parker”, la più antica delle cronache scritte in anticoinglese, e redatta Poco prima dell’890. La cronaca di Parker ascrive all’anno 870 i seguenti fatti: “Quest’inverno, il re E. combatté contro di loro, e i Danesi ebbero la vittoria, e uccisero il re, e conquistarono tutto il paese”. Al che Asser risponde: “E. re dell’EstAnglia, lottò ferocemente contro questa armata, ma venne ucciso assieme a un gran numero di suoi uomini, e i Vichinghi se ne rallegrarono trionfalmente; il nemico era il comandante del campo di battaglia ed essi [i Vichinghi) sottomisero tutta la provincia alla propria autorità”. Con ogni certezza, Asser non fa che parafrasare la Cronaca di Parker, essa stessa assai succinta. Ma, partendo dalle aggiunte alla Cronaca di Peterborough e di sei altre Cronache anglosassoni, si potrebbe stabilire il testo seguente: “In quell’anno, l’armata [danese] attraversò la Mercia sino all’EstAnglia, e si acquartierò per l’inverno a Thedford. E lo stesso inverno, il re 14,. I i combatté, e i L)anesi ne uscirono vincitori, e uccisero il re [e il suo corpo riposa sepolto a Bury Saint Ed m unds], e conquistarono tutto il paese. [I loro capi erano lvarr e Ubba. E distrussero tutti i monasteri dove andarono. Nello stesso periodo, vinsero a Peterborough, la incendiarono e la distrussero, uccisero l’abate e i monaci, e insieme chiunque vi trovassero…]”.

Il martirio di re Edmondo
Secondo la Cronaca anglosassone e la Vita Alfirdi di Asser, E. non fu dunque martirizzato, ma morì combattendo i Danesi. Iiittavia viene proclamato martire da Abbone di Fleury. Quale credito gli si può accordare? Un accenno alle condizioni in cui Abbone redasse la sua biografia del re dell’EstAnglia non sarà inutile: il vescovo Osvaldo di Worcester aveva findato intorno al 969, con l’aiuto del duca Ethelstan di EstAnglia, l’abbazia di Ramsey; siccome egli cercava di rafforzarvi l’insegnamento impartito ai monaci, fece venire da SaintBenoitsurLoire il monaco Abbone, che trascorse due anni (985987) come professore presso l’abbazia. Dunstano, all’epoca assai attempato — morì nel 988 —, lasciava poco Canterbury, e fu proprio là che Abbone andò a visitarlo. I due uomini strinsero amicizia e Abbone dedicò al suo maggiore un triplo acrostico, autentico esercizio di stile eseguito però a detrimento del contenuto. Per il resto le loro relazioni sono nelle mani di Abbone in persona: mentre si trovava presso Dunstano in compagnia del vescovo di Rochester, dell’abate di Malmesbury e d’altri monaci, l’arcivescovo raccontò una storia che aveva ascoltato quand’era giovane alla corte di re Ethelstan (924939), dalla bocca di un uomo molto attempato, che era stato il portainsegne di E. durante l’ultimo anno della sua vita (869870): questa storia costituisce la Vita sancti Edmundi, che Abbone cominciò a scrivere così come Dunstano l’aveva narrata. Evidentemente, E. allora era già oggetto di culto e la storia reale del re martire poteva essere stata alterata da abbellimenti; inoltre i tre ricordi successivi —quello del portainsegne, quello di Dunstano e infine quello di Abbone — hanno necessariamente deformato gli avvenimenti, con lo scordare dettagli, o forse intere parti, per esagerarne altri.

Pur tuttavia, la posi° di Abbone merita un’attenzione maggiore di quella ricevuta. Per riassumere il suo proposito, all’epoca in cui il danese Ivarr invase l’EstAnglia, E. si trovava nel maniero di Hellesdon (Norfolk), vicino alla omonima foresta. Quanto a Ivarr, egli soggiornava in una città vicina di cui aveva massacrato senza pietà gli abitanti. Fece poi giustiziare lutti gli uomini della zona passibili di portare il loro sostegno a E.; ma questi rifiutò di sottomettersi e, fatto prigioniero, venne anch’egli selvaggiamente giustiziato. Per alcuni anni il suo corpo rimase sepolto in una cappella innalzata a Hellesdon, e in seguito fu trasferito a Bui.), Saint Edmunds. Il principale punto di divergenza fra le cronache contemporanee e il racconto di Abbone consiste nel modo in cui E. trovò la morte: per le une combattendo, per l’altro giustiziato. Per definizione, una cronaca è concisa e si accontenta di registrare le promozioni, le battaglie, i decessi; il come e il perché esorbitano dai propositi. Al contrario, il racconto di Abbone pullula di dettagli che sicuramente non sono stati inventati e che, confrontati con fonti indipendenti — e in particolare scandinave —, risultano perfettamente coerenti.

Cosi, quando Ivarr sbarca in EstAnglia non ha assolutamente l’intenzione di uccidere il re; intende acquartierarsi per l’inverno e chiede a E. “di dividere con lui [i suoi] antichi tesori, e il suo oatrinsonio, e di regnare in avvenire sotto di lui”. Una tale contrattazione era già stata proposta nell’867 a re Egbetto di Northumbria, e più tardi, nell’874, lo sarà nuovamente a re Ceolwulf di Mercia: l’uno e l’altro accettarono, E. rifiutò. Ciò significava spezzare l’evidente superiorità militare dei Danesi, ma E. pensava che un re cristiano non potesse sottomettersi a un pagano. Il negoziato tra Ivarr ed E. si giocò dunque solo su una questione religiosa: il re dell’EstAnglia si sarebbe sottomesso solo se Ivarr avesse accettato di convertirsi al cristianesimo. Alfredo e Guthrum negoziarono più tardi (878) in termini simili, ma se Guthrum accettò la contrattazione, Ivarr la rifiutò. Ordinò dunque che si catturasse E.; picchiato, legato a un albero e trafitto da frecce, venne infine decapitato. Beninteso, una parte del racconto di Ahhone é qui nettamente influenzata dal martirio di S. Sebastiano. Abbone descrive dettagliatamente le mutilazioni patite da E.; e in questo caso si e lontani aai martirio sunito per mano del capo d’una corte pretoriani nella. Roma del IV secolo, bensì davanti a un sacrificio rituale scandinavo: “Le sue costole messe a nudo da numerosi tagli, come se fosse stato sottoposto alla tortura del cavalletto o fosse stato fatto a brandelli da artigli selvaggi…”. La descrizione è sufficientemente esplicita da suggerire che E. fu sottoposto al terribile rituale delI'”aquila sanguinante”, che prima di lui avevano subito in Northumbria i re Ella e Halfdan, e che consisteva nell’aprire il dorso della vittima per trinciargli le costole e cavargli i polmoni. La descrizione di queste torture si trova ripetutamente nelle saghe, ma non esiste né all’interno delle cronache ilé dei racconti anglosassoni. Abbone non può dunque che ripetere ciò che ha sentito; e c’è motivo di pensare che sia credibile. Secondo Abbone, E. venne infine decapitato e la sua testa portata in mezzo ai rovi della foresta di Hellesdon, affinché il corpo, mutilato, non potesse trovar riposo. I suoi compagni andarono a cercare il corpo, poi si misero a cercare la testa; e poiché essa chiamava supplicando, la ritrovarono nel fitto del bosco.

Il culto di Sant’Edmondo
E da notare che E. fu venerato a partire dalla fine del IX secolo; venne allora emesso un penny commemorativo, fatto che tende a mostrare come egli fosse oggetto di un vero e proprio culto da parte di coloro che lo conobbero. Che re Alfredo del Wessex, nella sua lotta contro i Danesi abbia intravisto tutto il profitto che poteva trarre dalla morte di E., è facilmente concepibile. Ma non si può forse ammettere anche una reale venerazione da parte delle persone vicine e dei fedeli del re martire? Alfredo non fece che riprendere per proprio conto un movimento nato spontaneamente fra i sudditi di E. È giocoforza ammettere a priori, anche senza sapere niente di lui, che il re martire aveva notevoli qualità. Quando le circostanze lo permisero, le reliquie furono trasferite da Hellesdon al maniero reale di Bedricesworth (Bury Saint Edmunds), dove la popolazione della provincia costruì una grande chiesa. La traslazione avvenne prima o durante l’episcopato di Theodred di Londra (926951); questi e il duca Elfgaro fecero testamento in favore del nuovo santuario (942951 circa). I g fonti più tarde forniscono date più precoci per la traslazione.
Ermanno amanuense di Bury, autore del Liber de Miraculis sancti Edmundi, intorno al 1095 localizza la sua prima sepoltura a Sutton, vicino al luogo in cui E. fu martirizzato, e fa risalire la sua traslazione al regno di Ethclsran (924939). Una fonte del XIV secolo (Oxford, Bodleian Library, ms. Bodlcy 248) la colloca intorno al 900, durante il regno di Alfredo (che morì ncll’899!); il Registro di Curtley infine la situa nel 903. Nel suo testamento, il vescovo Theodred di Londra (926951/953 circa) donava i propri “domini di Nowton, Horningsheath, Ickworth e Whepstead alla chiesa di Sant’E.”; se quest’atto è importante in quanto costituiva un’apprezzabile entrata per la futura abbazia di Bury Saint Edmunds, l’insieme del testamento non é da meno, poiché mostra che l’EstAnglia non era sempre controllata dal potere centrale anglosassone, e che la provincia ecclesiastica era semplicemente ricongiunta alla diocesi di Londra; fu dunque il vescovo di Londra a ricevere la missione di recuperare la provincia manu militari, compito che adempì appropriandosi d’un impressionante numero di domini con l’aiuto del duca Elfgar, suocero di re E. del Wessex. Elfgar fece anche lui testamento in favore della “fondazione di santl. a Bedericesworth”, intorno al 951. È dunque certo che nella prima metà del X secolo un collegio di chierici fù posto a Bury Saint Edmunds a guardia delle reliquie del santo e per assicurare l’officio divino. Tuttavia, intorno alla fine del secolo il vescovo d’ Hmham, poco soddisfatto della condotta dei chierici, affidò la guardia della tomba del Santo al monaco Ethelwine, che per sicurezza si ritirò per tre anni a Londra con le sue reliquie.

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