(Red) Intervista ad Antonio Carotenuto, candidato di Liberi e Uguali alla Camera dei Deputati nel collegio plurinominale n.3 Campania1, che ci racconta del suo impegno a difesa dei diritti e dei valori della sinistra progressista
Antonio cresce a Pompei, ed è attivo da sempre in progetti di sviluppo del territorio e di promozione delle politiche giovanili. Aderisce da giovanissimo alla Sinistra Giovanile e al mondo del sindacato, ricoprendo l’incarico di rappresentante dei lavoratori, di Presidente del Collegio dei Sindaci e di Presidente del Collegio dei Revisori in seno alla FISAC-CGIL Campania.
Ha sostenuto Pippo Civati in occasione della sua candidatura a segretario PD nel 2013, seguendolo poi nel 2015 quando ha scelto di allontanarsi dal PD e di fondare “Possibile” di cui è stato uno dei primi iscritti.
- Prima di tutto, perché Liberi e Uguali?
Liberi e Uguali è per me il naturale coronamento
di un percorso politico nato tanti anni fa con Sinistra Giovanile e proseguito con l’adesione a Possibile e che rappresenta oggi l’unica autentica rappresentanza della sinistra in Italia. Una sinistra che ha a cuore il tema del lavoro e la tutela dei diritti, e che si pone come obiettivo quello di concludere miglioramenti strutturali – penso alla scuola, alla sanità pubblica, ad un welfare universale – che siano a beneficio dei molti e non dei pochi.
- Lei parla di valori di sinistra, ma non potevate proporli in un’unica coalizione? Non temete che la scissione della sinistra faccia il gioco degli estremismi?
Purtroppo quest’argomentazione pecca di un errore di fondo: il PD non è (più) di sinistra. Si tratta di un partito che negli ultimi anni ha evidentemente virato a destra, con le politiche disastrose adottate sul lavoro, sull’ambiente, sulla scuola, sulla legge elettorale e che hanno determinato uno scollamento totale dai valori di sinistra di cui noi continuiamo a farci promotori. Lo dimostra il fatto che in nessun senso si è tentato di aprire un dialogo o di riconsiderare le fallimentari riforme del Jobs Act e della Buona Scuola.
Abbiamo sentito il dovere di fornire un’alternativa all’elettorato, da un lato per rassicurarlo del fatto che c’è ancora una sinistra vera che può rappresentare gli interessi soprattutto dei cittadini più deboli, e dall’altro proprio per arginare gli estremismi e le violenze di parte, tramite una dialettica ragionevole e sensata che si basa sul principio della legalità, personificato del resto nella nostra guida, Pietro Grasso.
- Parliamo di temi: cosa è al centro delle vostre preoccupazioni, e quale programma proponete ai cittadini?
Il programma di Liberi e Uguali ha come obiettivo principale quello di restituire fiducia nel sistema democratico, messo in crisi dalla crescita delle diseguaglianze degli ultimi anni. La lotta alla precarietà, il rilancio dell’istruzione, la sanità, la tutela dell’ambiente sono i principi cardine su cui crediamo sia necessario investire per la ricostruzione di uno Stato democratico, innovatore ed inclusivo, nel rispetto della nostra Costituzione. Suggerisco a tutti di andare a leggere nel dettaglio il programma di LeU, dettagliato e facilmente reperibile sul sito, perché contiene proposte concrete e sostenibili di cambiamento per la realizzazione di un progetto che può davvero rappresentare gli interessi della maggioranza degli elettori.
- Lei è impegnato da sempre nella difesa dei diritti dei lavoratori. Cosa è andato storto negli ultimi anni, e come dovrebbe impegnarsi il futuro governo per garantire condizioni di lavoro migliori?
Negli ultimi anni, in nome di una ripresa economica a favore dell’imprenditoria senza “lacci e lacciuoli”, sono stati sacrificati diritti fondamentali dei lavoratori, conquistati, in alcuni casi, anche col sangue dei nostri padri e dei nostri nonni. La rivendicata creazione di posti di lavoro negli ultimi anni, per la maggior parte precari, instabili e privi di alcuna tutela, è stata ottenuta mediante la previsione di sgravi fiscali ad esclusivo vantaggio dell’imprenditore di turno. E’ pur vero che la precarizzazione del nostro sistema lavorativo, a scapito solo delle nuove generazioni, è un processo che ha origini lontane, nella riforma Treu e nella riforma Biagi. L’impegno di Liberi e Uguali consiste proprio nell’interrompere questa degenerazione che alimenta lo sfruttamento, promuovendo la piena e buona occupazione, superando il Jobs Act, ripristinando l’Art.18 e prevedendo come forma standard di contratto lavorativo il contratto a tempo indeterminato, lasciando per pochissimi e rarissimi casi forme di contratto a tempo determinato.
- Quali sono secondo lei i maggiori rischi sociali in questo momento, e come si riflettono nella politica? Quale può essere l’arma contro il proliferare dei populisimi?
A me sembra che la propaganda politica di alcuni schieramenti non contenga alcun contributo costruttivo, e che si fondi anzi esclusivamente sullo sfruttamento delle paure e delle ansie dei cittadini, puntando il dito contro dei presunti nemici sociali, come nella peggiore logica fascista che ha già danneggiato vergognosamente il nostro paese a suo tempo. Attribuire ad esempio al fenomeno dell’immigrazione le colpe di una mancata ripresa non ha alcun senso, né evidenza numerica. Il sistema dell’accoglienza va sicuramente rivisto e migliorato, ma i dati dimostrano, contro ogni distorsione demagogica, non solo che non è in corso alcuna invasione, ma soprattutto che i cittadini stranieri, con il contributo economico che apportano al fisco e alla previdenza, rappresentano una risorsa per le casse dello Stato; per non parlare del fatto che vanno spesso a ricoprire mansioni essenziali per la nostra società. I populisti e i predicatori d’odio dovrebbero essere innanzitutto sottodimensionati a livello mediatico, con un doveroso fact checking che interrompa la spirale di intolleranza da loro alimentata con notizie incomplete o fasulle.
- Qualche parola sull’Europa. Come si può arginare il calo della fiducia nelle istituzioni e sfruttare al massimo le opportunità in quel senso?
A questo proposito, io condivido in pieno la definizione della Boldrini dell’Unione Europea come “unica comunità possibile” , casa comune all’interno della quale l’Italia può davvero avere rilevanza a livello globale. Bisogna contrastare la sfiducia sociale che ha indebolito le istituzioni comunitarie ad opera di movimenti populisti, nazionalisti e xenofobi, ed impegnarsi per uno slancio in avanti del progetto federale europeo che conduca ad una piena integrazione politica e ad un autentico allineamento delle normative nazionali in tutti i campi. Fare questo significa però far sentire i cittadini parte attiva e vera beneficiaria del progetto comune: a questo scopo, l’Europa deve ripensare le sue politiche in chiave più partecipativa e trasparente, e soprattutto svolgere un’adeguata campagna di comunicazione dei risultati storici ed economici del processo di costruzione europea, che bastano da soli a dimostrare l’imprescindibilità dell’appartenenza comune.
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