(di Frank Tracchia) Si è presentato nella macchina della verità, del giornalista Emilio D’Averio, ed ha intrapreso a parlare per circa 30 minuti, non di verità, come vorrebbe il gradevole format, ma di frottole (così come solo un comunicatore e/o un pubblicitario che deve tentare di vendere il materasso sa fare); infatti ha parlato di debiti, fallimenti e distruzioni generate da altri, ma soprattutto da lui stesso, durante le due ultime amministrazioni Cuomo e Pannullo, quando non ha esercitato il potere del ruolo ricoperto per salvaguardare il patrimonio della città ex delle acque. Ecco a voi il canto del cigno di Biagio Vanacore: presidente della Sint, presidente dei pubblicitari italiani e chef della “cucina del presidente” per diletto e per gli amici. Un canto che porta al capolinea manageriale e ci riconsegna un Biagio Vanacore inconsolabile, pronto a svestire i panni dell’abile stratega con il sorrisetto, per mettersi in gioco, questa volta, a livello politico, da soldato semplice, nel tentativo di riuscire finalmente a sedere al tavolo della politica cittadina che conta, anziché continuare a fare la fila nelle anticamere scure e fumose di sindaci messi in ammollo e poi stracotti, andati in fumo. Come farà il cigno canterino, alias Biagio Vanacore, a non provare almeno imbarazzo, per non dire vergogna, con il suo passato recentissimo e stringere nuove alleanze politiche, dopo tutti i pasticci compiuti anche con il suo determinante ed impalpabile contributo? Ah, saperlo!
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