(di Tonino Scala) – Il caldo si fa sentire nonostante l’ora tarda. Le sere d’estate portano refrigerio dopo giorni di bufagna calda e umida che non fa respirare. Stasera no, si muore. Il caldo non dà tregua. Il caldo in questa estate dagli obblighi flessibili, non perdona. Per fortuna il climatizzatore della macchina aiuta, ma mica si può stare in macchina tutto il giorno e tutta la notte? La città va per i fatti suoi su motorini truccati in una vita che é un trucco, ma fatto bene. Le strade sembrano vuote. Vuote per quello che può significare da queste parti. Se passano dieci scooter al minuto, visto che di solito ne psssano 100, qui è deserto. Ognuno sta solo al caldo di un agosto torrido, trafitto da un motorino solagno che passa sul viale Europa, ingresso di una città di mare che il mare lo vede da lontano. Le pizzerie sono aperte, i negozi chiusi. C’è gente che torna, c’è gente che scende. C’è gente che rientra dalle vacanze, c’è gente che prepara i bagagli per partire. Non tira una refola di vento, la macchina cammina lenta, l’afa e un rapper di cui non conosco il nome, l’accompagnano in quello che sembra un calvario. Giro a destra, succede anche ai migliori! Da quando han costruito sul condotto del rivo San Marco una strada, preferisco prendere quella per tornare a casa. Sono le dieci e mezza di una calda sera d’estate: e così sia! La città é semi deserta, l’ex Pretura mi guarda: che tiene da guardare. I bar sono ancora aperti. I ragazzi son dentro si godono il fresco del climatizzatore sognando la Juve Stabia in B… chissà…
Strano, alla fine del viale Europa c’è gente,c’è traffico. Che strano sembra di esser tornati ai tempi del treno per Gragnano, quando il passaggio del treno, al quale corrispondeva la chiusura del passaggio a livello, divideva in due la città. Ma la tratta é chiusa purtroppo da qualche anno e… sento le sirene di un’autoambulanza, vedo le macchine della polizia. Che sarà successo? Chiedo. Non mi sanno rispondere. Non mi posso fermare. La polizia chiede ai curiosi, giustamente di andar via. Giro intorno alla piazzetta e faccio un’altra strada. Ma la testa é lì. In quella folla curiosa e in quella sirena che suonava, ma… non per un pronto soccorso. Torno a casa, ma la capa sbatte sempre là.
È sabato, fa sempre caldo e sono al mare. Apro i siti per legger le notizie e… comprendo il caos di ieri. Un uomo, sembra un bulgaro di 66 anni é morto, forse di cuore, forse di caldo. Era un senzatetto che viveva sotto il ponte di un tratto ferrato in disuso, al centro della città. Sotto casa mia, sotto casa nostra, un povero e la sua famiglia arrivati in Italia dall’est per cercare fortuna, gli ultimi protagonisti del nostro tempo prendono forma nella indifferenza di una estate calda alla ricerca di refrigerio. Aveva costruito una baracca arrangiata, in un mondo arrangiato che si arrangia in modo arrangiato. Era venuto dall’est alla ricerca dell’America e ha trovato un’America arrangiata: amen! Fa caldo, la notizia mi rovina il bagno e mi fa sentire in colpa. Perché? Perché quando un uomo e una famiglia vivono in una baracca al centro di una città dell’occidente, nell’indifferenza generale e solo la morte riesce a farla emergere, riesce a puntare i riflettori su una situazione estrema, abbiam perso tutti, io per primo.
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