(Red) – Una volta, molto prima dell’avvento dei social, le querele per calunnia e/o diffamazione le prendevano normalmente i giornalisti (quelli della carta stampata generalmente) oppure chi redigeva e firmava il testo di manifesti, o volantini, ritenuto lesivo ed offensivo della dignità della persona nominata nello scritto pubblicato. Un’accusa molto spesso accompagnata dall’aggravante della continuità proprio per aver commesso il reato a mezzo stampa. Poi qualche caso sporadico nato a seguito di presunte frasi offensive attribuite al “nemico” di turno che, taluna velenosa “capera”, aveva evidentemente provveduto a riportare al destinatario in maniera distorta e spesso strumentale. Tutto ciò accadeva prima dell’avvento dei nuovi, ed imperanti, modelli di comunicazione sociale. Oggi invece, ai tempi dei social, questo reato ha trovato la propria estensione e sviluppo grazie ad un nutritissimo numero di cittadini che purtroppo, molto spesso pensando di fare politica, pubblicano dei post che piuttosto di raccontare fatti, ai fini di fornire ai cittadini un servizio di corretta informazione, raccontano fantasiose storielle e ricostruzioni che finiscono, come sempre, per risultare non veritiere e spesso offensive e lesive dell’immagine del personaggio oggetto della pubblicazione, motivo per cui si intensifica il lavoro delle Forze dell’Ordine per perseguire questi reati al fine di salvaguardare il rispetto per la persona umana. La nostra redazione, nel corso della nostra lunga carriera, ha collezionato circa 37 querele, e pertanto altrettanti tentativi di portarci in giudizio in tribunale, cosa peraltro accaduta fino ad oggi una sola volta con il pronunciamento di una sentenza di assoluzione piena “perché il fatto – secondo il giudice del Tribunale di Napoli – non costituiva reato”. E tanto accadeva solo nel lontano 1991. “Al tempo dei social” abbiamo ricevuto tantissime convocazioni, presso le sedi delle varie Forze dell’Ordine presenti sul territorio cittadino, per ottemperare all’obbligo di assumere “sommarie informazioni” da parte dell’autorità giudiziaria che, delegata dal PM, ha provveduto all’identificazione della nostra testata attraverso l’individuazione, e identificazione, sia dell’Editore che del Direttore Responsabile dello stesso giornale al fine, sussistendone gli estremi e le condizioni, di intentare un’azione giudiziaria, a tutela della “presunta” parte offesa, con la relativa iscrizione a ruolo di un eventuale processo. Questo è quello che accade normalmente quando si svolge, o si pensa di svolgere, un servizio mirante ad informare la cittadinanza su eventi ed attività amministrative che attengono il nostro territorio. E’ il gioco delle parti, e se putacaso si trascende sul personale è chiaro che si rischia la querela, chi racconta fatti non ha bisogno di aggiungere offese, o improperi, per rafforzare “politicamente” ed in maniera strumentale l’esatta dinamica dei fatti, in particolare poi chi pensa che avere una pagina social significhi manipolare, ed orientare politicamente, gli ignari cittadini che la seguono. Non è nemmeno tanto stravagante poi, che qualcuno dia modo di pensare male quando, per una semplice chiamata identificativa a seguito dell’assunzione di sommarie informazioni, pensa di attivare addirittura una raccolta di fondi (tra i propri lettori) per sostenere eventuali spese legali(eventualmente da venire) conseguenti alla pubblicazione di un “post” che ha pensato, scritto e pubblicato da solo (l’amministratore della pagina), assumendone quindi la paternità politica e conseguenti responsabilità sia amministrative che penali. E’ molto comodo agire così, questo è come il famoso fatterello dell’avvocato con il proprio cliente, per cui se la cosa è giusta “lo mettiamo a quel servizio” mentre, se la cosa risulta sbagliata, “lo prendi tu a quel servizio”. Ma, a queste “raccolte di fondi”, sembra che qualche paginetta ci abbia fatto l’abitudine ed infatti, a ben ricordare, sembra che nel passato abbia già praticato questa probabile redditizia attività, una volta si trattava di “brocchette”, un brand che determinò polemiche e fratture interne al “movimento”, poi successivamente trattarono di “calendari pubblicitari”, ed a quel che sembra mai che sia stata rilasciata una regolare fatturazione di quanto introitato. Se il nostro editore avesse ragionato così, in relazione all’elevato numero di querele raccolte (e ce ne vantiamo di averne raccolte in gran numero) il nostro conto avrebbe potuto registrare un cospicuo numero di zero, mentre impavido continua a rimanere in atroce agonia e sofferenza. A questo punto non resta che chiederci: – Ci dovrà pur essere un Giudice in quel di “Torre Annunziata”- e se ci sta, ne siamo certi, batterà indubbiamente un bel colpo. Ah, saperlo!!!
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