Un socialista senza partito si comprende, e oggi capiamo anche perché il PD è iscritto al gruppo socialista europeo. Un Cristiano senza Chiesa non esiste, e Papa Francesco ne spiegò anche il motivo.
(CelestinoV) – Nell’ombra del mio studio, le parole di Dante risuonano come un monito, un’eco persistente che mi interpella con la stessa intensità di un tempo. “Per viltade fece il gran rifiuto”, una frase che incide l’anima, trasformandosi in un interrogativo incessante sulla natura della mia responsabilità, sulla mia scelta di restare ancorato a questo ruolo, nonostante le tempeste che si abbattono intorno.
Vedo la mia immagine riflessa nel vetro, e in essa intravedo l’ombra dell’eremita che si trovò, suo malgrado, intrappolato nelle vesti di pontefice. La mia scelta di rinunciare, di fare un passo indietro per ritornare alla solitudine dei pensieri, risuona con un’urgenza che trova risonanza nel mio cuore. Eppure, qui sto, immobile, avvolto dalle catene invisibili delle aspettative, del potere, della paura di lasciare un vuoto dietro di me.
Ogni giorno è un tira e molla tra l’essere e il dover essere, tra il desiderio di liberarmi di questo peso e la tentazione di aggrapparmi ancora a queste redini che mi bruciano le mani. L’idea di fare un passo indietro, di concedere a un altro la possibilità di guidare, di cambiare le sorti di questo percorso tortuoso, si scontra con il timore di essere giudicato, di essere ricordato come colui che non ha avuto il coraggio di rimanere al timone nelle acque burrascose.
Eppure, in questo labirinto di dubbi e incertezze, una verità emerge chiara: la vera viltà non risiede nel lasciare il potere, ma nel trattenersi per timore del giudizio altrui, nel sacrificare il bene comune sull’altare del proprio orgoglio. La grandezza di un leader non si misura dalla durata del suo regno, ma dall’impatto delle sue azioni, dalla capacità di riconoscere quando è il momento di fare un passo indietro per il bene di tutti.
Forse è giunto il momento di ascoltare quella voce interiore, di affrontare il mio “gran rifiuto” non come una viltà, ma come un atto di coraggio e di umiltà. Forse, proprio come Celestino, troverò la mia pace non nel clamore delle aule del potere, ma nel silenzio della mia coscienza, sapendo di aver scelto non per me, ma per il bene di chi verrà dopo.
O forse no, perché la mia “Vicinanza” a quel ruolo tanto agognato mi induce a restare, a proseguire, anche se intorno a me è tempesta, anche se quell’abbraccio con Bonifacio VIII non era il preludio di un’alleanza, anche se il mio mandato esplorativo non ha prodotto nulla e i miei presunti amici si dilettano tra fornelli e parapendii, mentre si immergono nel fiume Giordano. No, non mollo, io resto. O forse sì, è il caso di mollare. O forse no, meglio restare. Un rifiuto è segno di viltade o di coraggio? Non posso certo chiederlo a chi oggi mi ha catapultato qui, in questo caos cosmico. Un socialista senza partito esiste, un cristiano senza Chiesa non può esistere. Rifiuterò, o forse no. Resisto senza Chiesa e senza partito, mi tuffo nel caos: ma di amici, quelli veri, non se ne vedono in giro. Mi sembra tanto che di “democratico” in questo partito ci sia rimasto molto poco.
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