(Red) – Opere a terra sì, opere a terra no. Le case a Marina di Stabia? Sì, no, forse. La discussione aperta un anno fa, a seguito della presentazione della variante progettuale per la realizzazione delle opere a terra da parte di Marina di Stabia, aveva infiammato l’opinione pubblica e la discussione tra le forze politiche, che si sono dibattute per circa tre mesi sui potenziali vantaggi e sulle eventuali criticità di un progetto che di fatto avrebbe modificato per intero lo scenario dell’area nord di Castellammare di Stabia. Nella variante sono previste circa 150 abitazioni, un hotel con 120 camere e anche un residence con circa 50 monolocali, destinati a case-vacanza con spa e fitness per chi approda al porto con l’intenzione di fermarsi sulla terraferma non lontano dal luogo in cui ha ormeggiato. Si tratta, in pratica, di un vero e proprio intervento di rigenerazione urbana che, comportando variante allo strumento urbanistico, deve essere approvato attraverso il modulo dell’Accordo di Programma che in Regione Campania, è noto, riguarda non solo le opere pubbliche ma anche quelle di interesse pubblico ad iniziativa privata. E così, dopo il primo step con la presentazione della variante alle forze politiche a Palazzo Farnese, il 17 dicembre dello scorso anno si è svolta la conferenza di servizi preliminare in Regione Campania, il primo incontro fattivo per compiere passi avanti verso la realizzazione dell’opera, attesa ormai da ben 20 anni, dopo la conclusione dei lavori per le opere a mare del porto turistico. Un vizio di forma nella convocazione della conferenza di servizi, tuttavia, ha imposto di rivedere il prosieguo dell’iter procedurale delle attività connesse con l’indizione della stessa. E da allora, complice l’emergenza Covid, la discussione si è arenata. Opere a terra sì, opere a terra no. Appartamenti sì, appartamenti no. Di quel dibattito oggi non c’è più traccia. E a regnare sovrana è ancora la desolazione di quei capannoni ormai abbandonati, la cui riqualificazione resta ancora un miraggio.
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