(Carlo Carrillo) – Riprende, senza soluzione di continuità, la campagna “denigratoria” lanciata dal CSX stabiese mirante a delegittimare l’Amministrazione Cimmino. Questa volta usando a sproposito l’errore di un uomo che, oggi purtroppo deceduto, ha lavorato duramente ed onestamente per circa 20 anni ai Cantieri Metallurgici. Andato in quiescenza, e scegliendo di fare l’imprenditore, ebbe la sfortuna di incappare in una richiesta estorsiva, malauguratamente per lui soddisfatta. Questo episodio gli aprì la strada ad un processo conclusosi con una condanna definitiva, 4 anni di reclusione scontati fino all’ultimo minuto, per concorso esterno. La vera testimonianza di cambiamento, che al contrario quest’uomo ha dato alla sua famiglia ed alla comunità intera, è stata quella che una volta preso coscienza dell’errore commesso, regolarmente pagato con la detenzione, e facendone tesoro, ha impartito ai propri figli la cultura del rispetto della legalità, inculcandogliela al punto che, tutti e tre i ragazzi di un tempo, sono cresciuti nell’assoluto rispetto del valore legalità divenendo quelli che oggi rappresentano nella comunità, ossia tre stimati professionisti in città. Ma del resto cosa ci si poteva aspettare dai cosiddetti “professionisti dell’anticamorra” che, pur di dare l’assalto alla diligenza, non rispettano i vivi figuriamoci la memoria di quelli che sono venuti a mancare. Imbeccare l’accondiscendente giornalista di turno con presunte dritte che, risalenti a circa 20 anni orsono, dovrebbero servire esclusivamente a scatenare il tiro al piccione, e non è difficile al fine di poterne trarre vantaggi di tipo politico per la propria parte, significa solo che in assenza di argomentazioni politiche, e di progetti per la città, usano queste armi per poter soddisfare quell’alienazione maturata a seguito del logorio dovuto alla mancanza del mero esercizio di quel potere che, per fortuna degli stabiesi, gli è stato sottratto dal risultato delle urne nelle amministrative del 2018. La storia personale e politica, del nuovo Presidente del Consiglio, parla da sola, e mentre le responsabilità penali sono e rimangono personali, sarebbe opportuno ricordare a questi “mammasantissima della legalità” che, in un paese democratico come il nostro, un debito contratto, anche se con la giustizia, una volta pagato significa che è stato definitivamente estinto. Nel frattempo, chi sfrutta queste vicissitudini familiari risulta, evidentemente, non abituato ad onorare nemmeno gli occasionali debiti contratti con amici e fornitori. La città sembra grande, ma è molto piccola e non è difficile, in questo caso di specie, conoscere il modus vivendi ed operandi di alcuni dei protagonisti della vita politica cittadina. E se un giovane politico, cresciuto in un ambiente familiare sano, in un passaggio del suo intervento ringrazia il proprio genitore che non c’è più esclamando: “Mi hai insegnato tutto. Sarai il mio faro”; pronuncia queste parole solo in virtù del profondo rispetto che porta al proprio papà per tutto quello che di positivo è stato capace di insegnargli, compreso il rispetto per la Legalità, considerato che non aveva maturato alcun precedente con la legge, né prima né dopo la condanna, e che da quell’episodio negativo ne aveva tratto l’esperienza necessaria per indicare ai propri figli la strada maestra da seguire. Luigi D’apice non era un Boss perché non era un delinquente abituale, ma solo un uomo che aveva pagato, e pertanto estinto, il suo debito con la giustizia al punto da ritrovare successivamente il suo nome iscritto nella lista dei cittadini pregiudicati. Questo è tanto!  

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