Melissiando(di Abate Faria) – Il lavoro oggi, in Italia e’ un tema scottante ma in quel di Stabia, assume contorni sociali ed economici, a dir poco, devastanti.

Realtà produttive, baluardo della ex Stalingrado del sud, sono state disgregate da una politica sciatta ed impalpabile, incapace di governare le tante crisi aziendali succedutesi, sia per le partecipate che per quelle a partecipazione pubblica.

Fincantieri, Terme di Stabia, Multiservizi, Avis, sono solo alcune delle numerose attività che hanno dato respiro e lavoro per molti decenni.

Le Terme sono state, da sempre, il vanto della città, l’azienda con le sue sorgenti, definite signorine dal grande Viviani, rappresentano l’esempio per antonomasia della “sciattezza amministrativa” espressa dalla classe politica stabiese dell’ultimo decennio.

Oggi tutto questo patrimonio che risulta letteralmente dissolto, da scelte improvvide ed azioni schizofreniche, ha segnato indelebilmente le carni vive dei tanti lavoratori termali.

Le famose signorine sono state ignorate dalla politica, che ha favorito la perdita anche del patrimonio sorgentizio, nel silenzio assordante di una città schiacciata ed affossata dal dissesto.

I lavoratori termali che hanno sempre, notificando il loro pensiero, denunciato alle autorità competenti i fatti accaduti, si sono ritrovati ad avere, quale interlocutore, la politica che non ha mai voluto, o saputo, comprendere che le scelte scriteriate avrebbero distrutto la città, la sua economia e le sue ricchezze.

La politica locale, in questo quadro sociale desolante, spesso ha avuto approcci differenti con i lavoratori, tanto a secondo degli interlocutori. Un esempio? Nel mentre richieste di incontri, dei lavoratori di Terme, formulate in forma scritta e debitamente protocollate sono rimaste in attesa per settimane prima di essere prese in considerazione dal presidente del consiglio comunale Melisse, altre richieste di incontri, effettuate per le vie brevi, vedi Fincantieri,  con gran dinamismo e disponibilità risultano essere state immediatamente accolte. Per quale motivo esistono queste discrasie?

Due pesi e due misure che, fanno comprendere, come la politica cittadina ed i suoi rappresentanti gestiscano il potere, “forte con i deboli e deboli con i forti”.

Terme non può essere depennata per sempre dalla storia cittadina, il suo patrimonio sorgentizio non può divenire luogo per feste e sagre di paese, non può divenire uno chalet a cielo aperto, ma rimane, e lo deve restare, un luogo di cura, di benessere e di relax.

Un consiglio al presidente Melisse, novello “La qualunque” indigeno, è quello di prestare più attenzione a quanto avviene nella sua città, rifletta attentamente su cosa significa Terme per la città e provi a ricordare un motto ad egli molto caro: ” mai più ultimi”. Ma per arrivare primi bisogna correre, e pure tanto mi sa!

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