(Red) – Molti cittadini campani, ed in particolare i giovani, sono soliti domandarsi il motivo per cui il 4 maggio è il giorno dei traslochi a Napoli. La domanda ricorrente è: “Ma che è ‘stu quatt’ ‘e maggio?” in napoletano, (chiedere cos’è “questo quattro maggio”) equivale a chiedere “come mai tanta confusione?”. Nell’antica tradizione napoletana, infatti, i napoletani cambiavano casa in questo fatidico giorno, che nei fatti diventava chiassoso è associato allo ‘sfratto’, inteso in termini dialettali: al trasloco. Le numerose famiglie erano costrette ad affrontare percorsi molto polverosi, in quanto – chi cambiava casa – doveva spostare mobilia e arredamenti in un altro appartamento, talvolta trasferendosi finanche in altre città. Una consuetudine, questa, che con il trascorrere del tempo si è persa.
Da una ricerca storica, effettuata dalla nostra redazione, abbiamo provato a chiederci come e quando nasce questa tradizione e, attraverso alcuni approfondimenti, abbiamo avuto modo di leggere informazioni precise che, così come spiega Camillo Albanese nel suo “Storie della città di Napoli”, il primo a fissare la norma, nel 1587, fu il vicerè Juan de Zunica conte di Morales, che stabilì al primo di maggio la data dei traslochi. Ma all’epoca, siccome il primo maggio era la festa dei santi Filippo e Giacomo, il viceré Pedro Fernandez de Castro, conte di Lemos, nel 1611 fissò la data del 4 maggio. Entro le ore 18 di quella data un inquilino doveva uscire e un altro subentrare. Spiega Carlo Dalbono: “In quell’ora lo scompiglio e il disordine regnavano ovunque; un tal don Ranunzio era già nel cortile della nuova casa con i suoi undici figli. […] mentre di sopra c’era ancora l’inquilino uscente, don Rosario”. Durante il 4 maggio Napoli pullulava di carrette trainate da asini, buoi e cavalli”. Ma, al netto di questa lunga introduzione, il dato più importante che emerge oggi nella città che fu di “Viviani” è rappresentato dalla celebrazione del Consiglio Comunale, con all’ordine del giorno il bilancio previsionale relativo al 2021, che ha visto la presenza nell’aula virtuale di ben 21 consiglieri comunali su 25, e che il provvedimento è passato con ben 17 voti favorevoli, e quattro voti contrari (Di Martino, Nastelli, Scala e Nappi). Un consiglio comunale che, nell’immaginario della dilaniata e sparuta pattuglia delle opposizioni, avrebbe dovuto rappresentare il giorno dello “Sfratto dell’Amministrazione Cimmino” dal palazzo di città, ossia da quel palazzo che dopo circa 30 anni sta per cambiare finalmente faccia e, tutto ciò, sarebbe dovuto accadere con la partecipazione straordinaria di un presunto gruppo di cospiratori che, in questa occasione, avrebbero teso l’agguato politico al Sindaco ed ai suoi fedelissimi sostenitori. Peccato che, alla fine della conta, si sono potuti constatare ben due fatti, di rilevante importanza, costituiti rispettivamente: la prima dall’aumento del numero di voti a sostegno del bilancio che dai 16 del 2020 sono passati a ben 17 ed, fatto ancora più importante, è stata registrata l’assenza di ben 4 consiglieri di opposizione tra le fila della sgangherata minoranza. Non è riuscita l’operazione che le opposizioni, indicando la data del 4 di maggio, avevano voluto far coincidere con la “giornata dello sfratto” per dare sostanza alle loro stesse avventate affermazioni, fatte circolare artatamente nei giorni scorsi, e cioè che a loro avviso, la coalizione di Cimmino, non sarebbe riuscita a raggranellare nemmeno gli indispensabili 13 voti utili, per far passare il documento contabile, in quanto debole ed ormai alle corde. Ben detto e alla fine della giornata, visto che il consiglio comunale è terminato alle 18,40, possiamo ben dire che se questi sono i presupposti politici della battaglia messa in campo dalle opposizioni, Cimmino a fine mandato non potrà far altro che assistere alla continua crescita esponenziale dei suoi sostenitori nella sala consiliare di palazzo Farnese.
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