(Aldin) –  Gli  ultimi episodi di cronaca nera stanno evidenziando che la società si sta ormai avviando verso una preoccupante perdita dei valori. La famiglia, un tempo isola felice è spesso  l’ambito in cui si verificano i più efferati delitti. La crisi del rapporto genitori figli si sta affiancando prepotentemente a quella del rapporto coniugale, ed è la provincia , quella che una volta era la tranquilla provincia italiana, il teatro di questi episodi che denotano un’insofferenza generale. Cosa stia effettivamente succedendo è difficile capire, certo è che il dialogo familiare sta diventando sempre più merce rara, i ritmi sono frenetici , si ha sempre meno tempo da dedicare ai bisogni dell’altro.  I rapporti di amicizia e le relazioni sentimentali sono vissuti senza sosta a causa delle moderne tecnologie , non è concessa una  tregua, ma in sostanza si è quasi sempre soli anche essendo costantemente on line, dall’alba a notte inoltrata. I ragazzi sempre più raramente chiedono consigli ai genitori, e questi ultimi non se ne chiedono nemmeno più il motivo, forse fidando  troppo in una maturità che il più delle volte  latita. Dagli ultimi fatti di cronaca,  i genitori  sembrano  essere diventati , paradossalmente,  ostacoli alla realizzazione dei sogni di determinati ragazzi. Questo processo non è avvenuto all’improvviso, i genitori hanno senza dubbio le loro responsabilità . D’altronde è risaputo che quello del genitore è il mestiere più difficile. Eppure una  volta , quella che dai noi ragazzi poteva essere considerata severità non era altro che educazione ed ogni rimprovero dava nel tempo i suoi  frutti. Occorre riappropriarsi del ruolo di genitori, ascoltando  le problematiche dei ragazzi ed essere maggiormente presenti nella loro vita, specialmente nelle fasi più critiche. Del resto mettere al mondo un figlio è nello stesso tempo un atto d’amore e di responsabilità che dura tutta la vita. Proprio in questi giorni mi è capitato di rinvenire una  vecchia schedina del totocalcio, ancora magnificamente conservata. La mente mi ha riportato rapidamente a ciò che accadeva il venerdì sera, quando aspettavo con ansia il ritorno a casa di mio padre. La mia curiosità era soddisfatta solo quando scorgevo le schedine del totocalcio nelle tasche della sua giacca. Cominciavo allora già a fantasticare  sul possibile esito  delle gare. Già sapevo che il sabato pomeriggio sarebbe venuto  il momento di lanciare il dado, nel difficilissimo ma avvincente tentativo di centrare l’inafferrabile tredici. Il mio papà non era appassionato di calcio ma gli piaceva condividere con me quel poco di tempo libero che il suo lavoro gli concedeva. Si giocavano  le classiche due colonne,  una a ciascuno. Mi faceva sorridere il suo pronostico che dava favorito  il Brescia perché per lui rappresentava pur sempre la leonessa d’Italia o il Venezia e il Pisa perché erano state Repubbliche marinare e così via , salvo il caso di partite particolarmente difficili il cui  pronostico richiedeva, con mio sommo divertimento, il lancio del dado. La mia colonna era invece dettata dai veri valori delle squadre, eccetto la partita che riguardava la mia squadra del cuore a cui  doveva sempre arridere la vittoria. A lavoro finito, ci attendeva la solita passeggiata  serale per le strade cittadine che si concludeva con l’immancabile puntata alla ricevitoria, situata in un piccolo bar del centro storico, lì con estrema professionalità e competenza svolgeva il suo ufficio don Mario, un distinto signore, vagamente somigliante al compianto Aldo Biscardi che incollava sulle schedine  la fatidica  striscetta  numerata . Immagini così lontane nel tempo ma ancora così nitide nella memoria, tanto da divenire, magicamente di nuovo  reali, come se effettivamente si stessero svolgendo  in qualche tempo parallelo. E mentre le due figure, mano nella mano, si perdono tra la folla e tutto sembra svanire, da quella vecchia schedina che continuo a girare e rigirare tra le dita, riesco a sentire di nuovo l’odore della giacca.

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