(di Carlo Carrillo) – In questi ultimi otto anni, nella ex città delle acque, i cittadini hanno dovuto recarsi alle urne, per eleggere i propri rappresentanti in consiglio comunale, ben quattro volte, praticamente ogni due anni in media. Un caso anomalo, se rapportato al periodo naturale del mandato che di norma avrebbe durata quinquennale, rispetto alla normalità degli altri comuni italiani ed, in particolare, di quelli appartenenti alla stessa area metropolitana. Un caso speciale quello stabiese, tutto particolare, amministrazioni che non riescono a trovare i loro equilibri interni e che, quando li trovano, riescono a governare malissimo salvo poi, per gli specialisti in materia, correre dal notaio per sfiduciare sindaco ed amministrazione. Una città difficile da governare? Alla luce degli avvenimenti, di questi ultimi anni, si direbbe proprio di si ma, caso bizzarro della politica, bisogna anche registrare l’indiscutibile dato rappresentato da una moltitudine di liste coinvolte nella competizione, ripartite tra più coalizioni, che attraverso i loro aspiranti consiglieri hanno dato luogo ad una speculare ed asfissiante “caccia all’ultimo voto”. Alcuni candidati hanno addirittura rischiato di essere denunciati per “stalking”, tanto hanno martirizzato il corpo elettorale con la loro ossessiva ricerca di consenso, una campagna elettorale difficile e complessa che ha visto in campo ben cinque candidati sindaco e ventitré liste con circa 600 candidati al consiglio comunale. Praticamente un esercito che è entrato in tutte le case della città per chiedere l’agognato consenso pur di mettere piede nella sala Falcone&Borsellino. Alcuni candidati si sono presentati con programmi e progetti, altri facendo ricorso ai legami di parentela e di amicizia, ma anche, pochi per fortuna, facendo ricorso ad argomentazioni che attengono al bisogno di tanti che, nella nostra città, sono costretti ad accettare anche il vile denaro in cambio di un voto che, secondo la subcultura di alcuni strati meno abbienti, non costa nulla ed aiuta la famiglia, almeno per qualche giorno, a risolvere il problema primario di mettere qualcosa a tavola. Un caso di quest’ultimo tipo, ha acceso polemiche proprio nella mattinata delle votazioni, infatti, così come riportato dal nostro servizio pubblicato domenica mattina, un uomo con la propria figlia è stato scoperto, nel seggio 44 di via Cicerone, a scattare foto alla scheda appena votata. Scoperto dai componenti del seggio, ed immediatamente fermato dalle forze dell’ordine presenti, l’uomo e la figlia avrebbero riferito alla Polizia che per esigere il pattuito, cinquanta euro a voto, avrebbero dovuto documentare con la foto alla scheda la prova dell’avvenuta espressione delle preferenze, sia per il candidato sindaco che per i candidati indicati. Secondo alcuni testimoni presenti ed alcuni membri dello stesso seggio i voti espressi, dai due improvvisati reporter, erano stati espressi per la coalizione di Di Martino sindaco e per la lista collegata Progetto Stabia. La nostra testata, avendo appreso sul posto queste informazioni precise e dettagliate, ha riportato celermente la notizia salvo poi scoprire attraverso un comunicato video, per bocca del candidato sindaco Di Martino, che la notizia riportata non fosse altro che una miserabile “Fake News” inventata di sana pianta per “condizionare” la libera espressione del voto degli stabiesi. Peccato che, appena pochi minuti prima che uscisse il nostro servizio Tonino Scala, candidato a sindaco di Leu, avesse già denunciato l’avvenimento attraverso una diretta video su Facebook, facendo addirittura il cognome di un candidato, tale Donnarumma. Poi una denuncia-querela presentata alla Polizia di Concetta Donnarumma, candidata capolista della lista Progetto Stabia del padre Pio, che denuncia il nostro direttore a seguito della pubblicazione dell’articolo “infamante”. Eppure, secondo la normativa che regola la materia, chi risultava deputato per competenza a denunciare Carrillo non era di certo la candidata ma, ad onor del vero, doveva essere il primo presentatore della lista e responsabile politico del movimento. La ragione? Subito! Infatti, nel pezzo “incriminato”, non risulta da nessuna parte citato il nome della “Supervotata” capolista, e nessun riferimento o accostamento è stato fatto al suo cognome. Inoltre appare stravagante il fatto che chi ha raccontato, attraverso la diretta video, non sia stato neppure citato e che l’unico “superdelinquente” da rinchiudere in un carcere di massima sicurezza sia colui che si è limitato a raccontare, ai propri lettori, un grave fatto di cronaca elettorale omettendo di citare il nome del candidato presente sulle foto delle schede incriminate. Ma forse la “Regina delle preferenze stabiesi” ha la coda di paglia? Questo noi non lo sappiamo, ma sicuramente, se le cose dovessero stare nel modo in cui “raccontano” si siano svolte, rischia seriamente di prendere fuoco con tutte le conseguenze facilmente immaginabili che ne potrebbero conseguire. Noi, in tribunale, ci difenderemo invocando l’ exceptio-veritatis e solo attraverso quello che è accaduto realmente, registrato sapientemente dagli organi di polizia, pretenderemo l’accertamento della verità sulla squallida e torbida vicenda del seggio 44 di via Cicerone. Noi ci saremo, e voi? Ah, saperlo!!!

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