(di Carlo Carrillo) – Il “day after” dell’ex sindaco Pannullo, dopo la consegna della sfiducia al protocollo comunale, è stato molto lungo e fiumi di parole si sono riversate sui media ed attraverso i social pur di spiegare, argomentare e convincere i cittadini della bontà delle proprie tesi sostenute, in verità, in maniera quasi solitaria e per niente convincenti. Per tentare di capire meglio bisogna partire da una considerazione di fondo che ha rappresentato, a mio modestissimo avviso, un gap irreversibile per Pannullo, e la sua ex maggioranza, che risulta poi fondamentale lungo il “breve” percorso amministrativo, tanto da procurargli l’appellativo di “Pannullo il breve”. Proviamo a capire di più. Nel corso della consultazione comunale del 2016 gli elettori aventi diritto al voto nella ex città delle acque erano circa 54.533. Nel ballottaggio si recarono alle urne 20.467 cittadini pari al 37,53% degli aventi diritto. I voti validi espressi furono 19.684, le schede bianche 148 e 635 le schede nulle. Alla luce di questo risultato il nostro caro ex sindaco Pannullo, pur vincendo quelle elezioni, non ha mai rappresentato la città nella sua totalità, in quanto gli stessi numeri che uscirono dalle urne, nel secondo turno, la raccontano tutta in relazione all’incontrollato “entusiasmo” che avrebbe animato la cittadinanza tutta stimolandola a recarsi ai seggi per poterlo votare. Quindi un sindaco votato da diecimila cittadini circa che, rispetto ad una cittadinanza di circa sessantaquattromila abitanti, rappresentano 1/6 della città, tanto a voler essere pignoli. Ma al netto del discorso numerico quello che ha colpito di più,in questa vicenda, è stata l’assenza della politica, quella di alto profilo, quella del confronto e della mediazione, quella che mira ad anteporre gli interessi dei cittadini alle personalistiche esigenze dei “signori del voto”. Per quale motivo il sindaco ha ritenuto dover parlare, così come fece un suo illustre predecessore ex magistrato, di interessi e forzature “ambientali” che sarebbero, a suo dire, intervenute per accelerare il processo di “decapitazione” di questa amministrazione? In disparte che mai, e nitidi risultano i ricordi nel merito, durante la campagna elettorale il sindaco ha citato, nemmeno per caso, la lotta a questo cancro che attanaglia la città ed anzi, a dire il vero, finanche nel corso del suo “mandato lampo” emergono tracce di interventi miranti a biasimarne le attività né talora a riconoscere come organiche al “sistema camorra” alcune forme di violenza, da rapine cruente a sparatorie sanguinarie, accadute nella nostra città negli ultimi diciotto mesi. Tutt’altro, i suoi interventi sono stati indirizzati sempre nella direzione di ridimensionare l’accaduto e di negare una realtà che rientra, ragionevolmente, nella percezione naturale e quotidiana del vissuto di ogni cittadino stabiese. Una sola volta è accaduto di registrare un intervento di allarme camorra, quando ha ricevuto al comune un cittadino libero che, avendo scontato il proprio debito con la giustizia, sembra che si sia recato in comune per conferire con l’ex sindaco onde poter richiedere l’affidamento di un piccolo appezzamento di terreno abbandonato che insiste nella zona dove lo stesso abita tutt’ora. Ed in quella occasione tutte le forze politiche e sociali della città, stampa compresa, hanno chiesto al sindaco di denunciare tutto e di convocare anche un consiglio comunale straordinario, e monotematico, per consentire a tutti gli addetti ai lavori di fare quadrato intorno all’istituzione cittadina per combattere ogni tentativo di intrusione “dell’antistato” nella maglia amministrativa della città. Della vicenda poi più nessuna traccia salvo poi, dopo gli avvenimenti della notte del 5 febbraio u.s., ritrovarsi Pannullo a lanciare accuse di grandi tradimenti indicando addirittura la “camorra” quale mandante del suo spodestamento dallo scranno più alto di palazzo Farnese. Un atteggiamento non nuovo, che sembra voler scimmiottare quello del suo più illustre predecessore ex magistrato, “inciampato” sul bilancio in uno storico ed indimenticabile consiglio comunale di novembre nel 2012, e che lo vide coprotagonista della sfiducia in allegra compagnia con “sei famigerati traditori” fuoriusciti dalla maggioranza di centrodestra in ragione di forti contrasti politici relativi alla cattiva gestione della cosa pubblica e dissenzienti sulle linee guida del bilancio, unico atto politico che un amministrazione locale riesce a produrre. Nel novero di quei “sei traditori” di allora rientrava anche un consigliere comunale di oggi, ex componente della coalizione di Pannullo nel 2016, che l’ex sindaco democrat all’epoca, ma guarda un po’, difese a spada tratta, insieme agli altri cinque protagonisti, dalle assurde e velenose accuse di “traditori e camorristi” lanciate dalla potente batteria mediatica nelle disponibilità del vecchio “gerarca” sbavante schiuma di rabbia ed invettive di rara conoscenza. Oggi Pannullo cambia atteggiamento e posizione, eppure conosceva molto bene la formazione e la tendenza ideologica degli alleati, in competizione con simboli di civiche, quando ha costruito la sua coalizione, quali sono stati i veri motivi che hanno determinato questa scelta da parte dei “sei consiglieri” dell’area moderata della sua ex coalizione? Visto che i firmatari della sfiducia lo hanno ampiamente spiegato e motivato non sarebbe opportuno che il sindaco, di concerto con il partito democratico, contribuissero a fare chiarezza su questa vicenda senza nascondersi dietro allo stuzzicadenti della “necessità ambientale”? Basta poco, che ce vò!!!







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