(di Red) Riprende il processo Sarastra ai danni dell’ex sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, ancora all’esilio forzato fuori città, dai propri affetti e dal lavoro da medico dell’Asl. A parlare oggi, dinanzi al tribunale di Nocera Inferiore e tentare di ricostruire la scalata criminale dei clan scafatesi al comune, è il pentito Alfonso Loreto, figlio del boss Pasquale, all’epoca dei fatti uno dei reggenti del cartello criminale Loreto-Ridosso. Quello che ne esce scritto, anche molto chiaramente da questa nuova pagina del processo ad Aliberti, è che l’ex sindaco (addirittura in carcere preventivo prima del terzo grado di giudizio, per fatti che lo avrebbero visto protagonista durante la sua esperienza politica nella “piccola Venezia”) era praticamente all’oscuro delle tattiche tra teste di legname, politici e malavita ed innavicinabile per qualsiasi appalto o “grande appalto”, così come lo definisce all’avvocato difensore dell’ex sindaco, Siviero Sica il pentito durante il controesame: “Stava finendo a barzelletta”, così chiosa il Alfonso Loreto, collegato dal sito riservato in aula a Sica sul fatto che non si riuscisse ad avere un “grande appalto” per iniziare la scalata, addirittura nemmeno un appuntamento con Aliberti, all’oscuro di tutta questa vicenda criminosa. Una intrigata situazione che, legata ai tanti “non ricordo” e alle amicizie personali che, manco a farlo apposta, sono proprio i politici nemici giurati di Aliberti, fanno il paio in uno scenario come è quello scafatese che, il 26 maggio, si appresterà nuovamente a ritornare alle urne e al voto dopo ben due anni di commissariamento e di morte a livello di sviluppo cittadino.

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