(Carlo Carrillo) – Ad appena quarantotto ore precise dal “Black Monday 2017”, consumatosi nella sala Falcone&Borsellino, tanti sono ancora i dubbi e le perplessità che assillano la mente dei politici e dei cittadini stabiesi. Un provvedimento approvato in fretta e furia, considerati i tempi stretti per ottemperare agli impegni assunti con Mps in scadenza al 30 novembre, che non ha consentito un sereno e costruttivo confronto sui contenuti del piano industriale Sint che non doveva, e non poteva, essere licenziato solo con tredici voti favorevoli e con la spada di Damocle del numero legale pendente su di una seduta che poteva saltare, da un momento all’altro, se nei corridoi circostanti la “diplomazia Cencelliana” non avesse lavorato alla continua ricerca di un equilibrio stabilizzante. Sulla questione di Terme di Stabia sono inciampate ben due amministrazioni di seguito, tanto per ricordare, e quelle assisi furono presidiate da centinaia di cittadini e lavoratori. Questa volta, invece, il tutto si è consumato in un silenzio assordante ed alla presenza di circa tre cittadini. Desolante! Qualcosa a questo punto non torna. Due le ipotesi: O questo piano salva-Sint è approdato in consiglio alla fine di un percorso di consultazioni e confronti con forze politiche e sociali che avrebbero lavorato sottotraccia oppure, e questo alimenta preoccupazione, il tutto si è sviluppato solo attraverso impegni assunti in “confidenziale” con i lavoratori, al netto di quanto trascritto nel piano di salvataggio della Sint. Invero, se nella riconsegna del compendio immobiliare dalla curatela alla Sint, avvenuta nel luglio 2015, dovesse essere ricompresa, così come sussurra qualcuno, anche la convenzione di cui al Decreto 90 del 05/09/2016, ecco che la situazione modificherebbe radicalmente le carte in tavola e le stesse regole del gioco. In questo caso di specie, sarebbe avvenuta la riconsegna dell’azienda e non degli immobili, e fatto ancora più grave sarebbe la negazione, ad opera di Sint, di essere una società in house del comune stabiese, particolare che, a leggere il voluminoso piano di salvataggio, sembra emerga alla luce di due particolari molto rilevanti; il primo rappresentato dall’intervento diretto dell’amministrazione con risorse cittadine nella vicenda transattiva con Mps e, dimostrazione ancora più tangibile, la lettera di “patronage” del comune a garanzia del mutuo, di duemilioni di euro, contratto sempre con lo stesso istituto bancario. Molto bizzarro, è apparso ai più, far passare un piano economico per un piano industriale, in quanto un apprezzabile piano industriale tiene ben conto del computo, e del ruolo, delle maestranze nel reintegro nel processo produttivo di un’azienda partecipata. Indi, non si spiega tanto facilmente l’assenza dei lavoratori ex termali in occasione della discussione, e conseguente approvazione, di un provvedimento che li visti sicuramente esclusi dal confronto sul piano che, per il futuro, dallo stesso eventuale rilancio del “Termalismo”che dovrebbe essere la naturale conseguenza dell’obiettivo prefissato. Ma allora cosa è stato promesso dall’amministrazione ai lavoratori in relazione alla “clausola sociale” che, appena a marzo scorso, era indispensabile sul “Project Financing” tanto da determinare la forzata cacciata dall’aula dei lavoratori ed il proseguimento di quel famoso consiglio comunale a porte chiuse? Che cosa è cambiato oggi rispetto ad allora? A noi non è dato sapere, ma non vorremmo pensar male al fine di evitare “peccaminosi pensieri, ma non vorremmo neanche pensare di averci azzeccato anche questa volta. Ah saperlo!

Castellammare lì 30/11/2017

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