(di Carlo Carrillo) – Alla luce delle dichiarazioni rilasciate dall’amministratore unico di Sint, nel corso della “solitaria” conferenza stampa svoltasi presso l’Hotel dei Congressi sabato 25 febbraio, ci sono delle novità molto importanti. Invero, alla luce della dichiarazione, molto chiara ed inequivocabile, di Biagio Vanacore: “Quando ho rilevato l’impianto era già un disastro”. Affermazione che non lascia alcun dubbio in riferimento a quello che il lettore possa dedurne. In parole molto semplici, il “custode” dei beni, ha voluto specificare che la situazione immobiliare di Terme di oggi non sarebbe molto dissimile dalla situazione in cui versava lo stabilimento nel momento in cui gli è stato consegnato dalla curatela fallimentare, dott. Sequino per chi legge, e che nel mese di luglio 2016, periodo in cui a suo dire gli sarebbe stato restituito il compendio immobiliare, lo scempio e la cannibalizzazione sarebbero già stati ampiamente consumati. A queste affermazioni, con immediatezza, hanno risposto i lavoratori che documentano con foto scattate ad agosto 2016 e postate sui social, da un gruppo di giovani locali, che testimoniano invece che moltissimi danni rilevati oggi, durante la visita della commissione consiliare, risalirebbero ad una data posteriore al mese di luglio 2016. Inoltre, ci sarebbe anche da sottolineare, la data di riconsegna degli immobili è molto diversa da quella del luglio 2016, in quanto bisogna tener conto di un provvedimento del giudice Del Sorbo datato, addirittura, 22 luglio 2015, per non parlare poi dell’atto di riconsegna del 7 marzo 2016 firmato in calce dallo stesso Vanacore con il curatore dott. Sequino, verbale nel quale il curatore riuscì ad inserire la seguente clausola:” Fermo ed impregiudicato ogni qualificazione e decisione in ordine all’attuale esistenza, o meno, del complesso aziendale”. Questa la sequela dei fatti ma solo per avere le idee più chiare, e rendere onore alla verità, abbiamo tentato di ascoltare, sulla vicenda e sulle dichiarazioni rese dal Vanacore, il curatore fallimentare dott. Massimo Sequino, che, declinando cortesemente l’invito, ha risposto con un secco e laconico: “ Mi dispiace ma non ho nulla da dire, ci sono gli atti che parlano, saluti”. Questo commento la dice proprio tutta sull’intera vicenda, basta da solo a spiegare la triste solitudine istituzionale, e politica, di chi sta pensando solo a sottrarsi dalla grave responsabilità di “omessa, o inadeguatezza delle cautele per la custodia, a tutela di un bene pubblico” che bisognava comunque preservare in qualsiasi modo.
Castellammare di Stabia lì 28 febbraio 2017
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